Roma - «Veniamo in chiesa con le nostre identità fragili, spesso costruite l’uno contro l’altro. Veniamo come persone la cui percezione di sé è talvolta fondata sulla competizione, sulla ricerca di superiorità o sullo sforzo di superare un senso di inferiorità.»
Timothy Radcliffe, nel suo libro Perchè andare in Chiesa?, coglie con straordinaria lucidità ciò che accade ogni volta che varchiamo la soglia di una chiesa. Non è un gesto di perfezione, ma il riconoscimento di una fragilità condivisa. Entriamo come uomini e donne attraversati dalle stesse tensioni che animano anche le piazze digitali: il bisogno di apparire, la paura di non contare, la logica del confronto. È l’immagine nitida di un’umanità che, anche online, continua a vivere “uno contro l’altro”. Il religioso domenicano aggiunge: «Perfino i nostri amori possono contenere nodi di rivalità o di reticenza. Iniziamo invocando il Dio Trino, una casa nella quale possiamo fiorire e trovare felicità, liberati dal bisogno di combattere per la nostra identità.»
È la liberazione dalla competizione ciò che la liturgia ci offre, ma che il mondo digitale - e talvolta anche le nostre stesse comunità ecclesiali - ci rifiutano. Nei social come nelle parrocchie, tutto sembra ridursi a giudizio, reazione, polarità. La liturgia, invece, anche solo per un istante, ci ricorda che l’altro non è un avversario, ma un volto abitato da Dio. Ecco perché, scrive Radcliffe, «La croce è la nostra via per entrare nella vita divina condivisa». È solo attraversando il segno del dono, e non quello della performance, che la comunità si ricompone e ritrova sé stessa.
Quando la fede diventa ponte
In un tempo in cui è sempre più facile fissare lo sguardo su ciò che ci divide - la cultura, il denaro, la politica, perfino la religione - e in cui tutto questo genera ansia, solitudine e fratture sociali, sorge spontanea una domanda: esiste un modo più umano di stare insieme? È proprio su questa domanda che nasce la proposta del VitaeFest 2025, un evento che vuole essere più di una semplice festa musicale: un luogo in cui iniziare a costruire ponti.
Il VitaeFest, promosso dalla Vitae Global Foundation e patrocinato dal Dicastero per l’Evangelizzazione, nasce con questo spirito. La tappa romana del 25 ottobre 2025, al Parco Schuster (dalle 19:00 alle 23:30, ingresso libero), si presenta come “A Call to Reconciliation”: un invito alla riconciliazione. Non solo musica, ma un gesto culturale e spirituale: guardare oltre le differenze, “to be made one body”, come scriveva Radcliffe, in una città che troppo spesso vive di barriere invisibili. Saranno presenti padre Guilherme Peixoto, Benji & Fede (Benjamin Mascolo e Federico Rossi), Settembre (Andrea Settembre), AKA 7even (Luca Marzano) e altri artisti.
Accordare le differenze
«La Chiesa non è un club di persone affini. È la casa della riconciliazione, dove i nemici possono diventare amici»,spiega Timothy Radcliffe. Ed è proprio questo lo spirito che anima il VitaeFest 2025. Nel cuore di Roma, a pochi passi dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Parco Schuster accoglierà artisti provenienti da ogni parte del mondo: ma al centro non ci sarà la performance, bensì il gesto comune di ritrovare il senso dell’incontro.
In un tempo in cui la divisione è diventata linguaggio quotidiano - nella Chiesa, nella società, sui social - il festival si propone come un segno concreto di riconciliazione. Le parole di Radcliffe non restano allora un principio teologico, ma diventano una direzione possibile: «Non possiamo ricevere l’Eucaristia se non siamo riconciliati gli uni con gli altri. La pace che scambiamo non è una formalità, ma un impegno a vivere in pace oltre le porte della chiesa.»
Così anche un evento musicale può farsi liturgia di comunione, spazio in cui la diversità non divide ma si accorda in un’unica voce. Forse è questo il cuore stesso del VitaeFest 2025: non un evento da consumare, ma un impegno da portare via con sé. Non una musica che si disperde, ma una promessa di comunione che continua, anche quando si spengono le luci.
E se davvero crediamo, come scrive Radcliffe, che «la Chiesa esiste per aprire al mondo la vita di Dio», allora ogni tentativo di creare spazi di incontro, anche fuori dal tempio, appartiene a quella stessa missione. Perché la fede, come la musica, non divide, ma accorda.
p.J.A.
Silere non possum