Città del Vaticano - «Carissimi, abbiate un cuore mite e umile come quello di Gesù (cfr Mt 11,29). Sull’esempio dell’apostolo Paolo (cfr Fil 2,5ss), possiate assumere i sentimenti di Cristo, per progredire nella maturità umana, soprattutto affettiva e relazionale. È importante, anzi necessario, fin dal tempo del Seminario, puntare molto sulla maturazione umana, respingendo ogni mascheramento e ipocrisia. Tenendo lo sguardo su Gesù, bisogna imparare a dare nome e voce anche alla tristezza, alla paura, all’angoscia, all’indignazione, portando tutto nella relazione con Dio. Le crisi, i limiti, le fragilità non sono da occultare, sono anzi occasioni di grazia e di esperienza pasquale».
Oggi, nella maestosa cornice della Basilica di San Pietro, Papa Leone XIV ha incontrato i seminaristi provenienti da ogni parte del mondo, radunati in occasione del Giubileo. Un momento di grande significato spirituale e umano, che ha visto il Pontefice esprimere una gioia palpabile e un incoraggiamento sincero per le nuove generazioni di futuri sacerdoti. Erano presenti cinquemila giovani circa.
«Grazie, grazie a tutti! Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La pace sia con voi!» ha esordito il Santo Padre, accogliendo con calore seminaristi e formatori che lo hanno accolto con un lungo applauso. Le sue parole hanno acceso nell’animo di tutti i presenti un sentimento di speranza, di responsabilità e di slancio missionario.
Leone XIV ha ricordato ai giovani che oggi non sono semplici pellegrini, ma testimoni vivi di una Chiesa che deve farsi “in uscita”, aperta e coraggiosa. Ha sottolineato l’importanza della vocazione sacerdotale come risposta coraggiosa a una chiamata in tempi difficili, invitando i seminaristi a essere annunciatori miti e forti della Parola salvifica.
Il Papa, discostandosi dal discorso preparato, si è rivolto ai presenti anche in lingua spagnola, segno della sua attenzione per la diversa provenienza dei chierici presenti: «Gracias por haber aceptado con valentía la invitación del Señor...». Al cuore del discorso, l’invito a coltivare l’amicizia con Cristo, fondamento di ogni percorso vocazionale autentico.Il Papa ha richiamato la centralità del lavoro interiore, della preghiera e del discernimento, ricordando con forza l’enciclica Dilexit nos e l’esigenza di un “seminario come scuola degli affetti” in un mondo segnato dal narcisismo e dal conflitto. Il richiamo a un cuore “mite e umile come quello di Gesù” ha costituito la conclusione di un messaggio intenso, che ha toccato anche temi delicati come la necessità di riconoscere fragilità, paure e crisi interiori come momenti di grazia e di crescita autentica.

La crisi della formazione
Al termine della sua meditazione, tutti i presenti hanno recitato il Credo in latino, lingua che unisce e non divide. Una scelta importante, in un contesto internazionale, che ha visto seminaristi e religiosi provenienti da tutto il mondo. Qualcuno ha giustamente notato che non tutti recitavano in latino, segno evidente dell’influenza ideologica che ancora alberga in molti seminari, dove i formatori spesso sono espressione di correnti che fanno guerra sia alla lingua latina sia alla liturgia. Fino a quando non cambierà radicalmente l’approccio, non si potrà sperare in una vera riforma della formazione sacerdotale. Non basta un Papa nuovo, serve un profondo rinnovamento nell’episcopato.
Il Papa ha poi salutato personalmente tutti i vescovi presenti, ma ha riservato un saluto piuttosto freddo ad alcuni di loro. Tra questi, il rettore del Seminario Romano Maggiore, che oggi si trova in evidente difficoltà: dopo anni di chiamate al Papa e di contatti agevolati dalla cugina, ora non sa più a quali parenti del neo-eletto aggrapparsi come una cozza. I sacerdoti di Roma, intanto, non nascondono la speranza che Di Tolve e Tarantelli salgano presto sul primo treno in partenza per qualche località remota della Terra.
Anche a S.E.R. Mons. José Rodríguez Carballo, ex Segretario del Dicastero per la Vita Consacrata, il Papa ha semplicemente stretto la mano, mentre lui gli ha baciato l’anello — un gesto che in dodici anni non aveva mai compiuto. Ma, come sappiamo, l’ipocrisia è spesso l’abito più comodo per qualcuno. Questa mattina Carballo è stato ricevuto in udienza privata dal Santo Padre, ma fonti vicine raccontano di un uomo visibilmente a disagio, un epilogo tutt’altro che sorprendente. Robert Francis Prevost, infatti, non ha mai sopportato la gestione familistica e corrotta di quel dicastero sotto la guida dell’ex Segretario. E il Papa, che ha avuto modo di conoscere bene Carballo durante il suo servizio come Priore Generale degli Agostiniani, questa mattina lo ha ascoltato e accolto ma senza finti complimenti. Durante i saluti, Carballo è stato liquidato con freddezza. Oggi si trova esiliato in Spagna, nella Arcidiocesi di Mérida-Badajoz.
Ben diversa è stata invece l’accoglienza riservata a S.E.R. Mons. Jorge Carlos Patrón Wong, l’arcivescovo messicano e figura di grande bontà e dedizione, noto per aver spesso sostenuto personalmente seminaristi meno abbienti e per aver lavorato con passione nel Dicastero per il Clero. Wong, vittima anch’egli dell’emotività di Papa Francesco, è stato salutato con affetto da Leone XIV, a dimostrazione di un riconoscimento di valore e integrità.
Il cancro dell'ipocrisia
Non sono mancati i cosiddetti “vescovi rettori”, figure ancora ingombranti e problematiche nella governance di alcune diocesi. Anche quando lasciano la direzione dei seminari, finiscono per governare le diocesi esercitando un’autorità marcata da rigidità, controllo e dinamiche manipolatorie. Spesso incapaci di un'autentica maturazione personale, proiettano sugli altri le proprie fragilità, alimentando nel clero un clima di sospetto, giudizio e diffidenza. Promuovono relazioni improntate più al timore che alla fiducia, e si permettono incursioni indebite nel foro interno dei sacerdoti, dimenticando che certi aspetti spirituali non sono affare del vescovo.
Emblematico è il caso di Mons. Antonio Napolioni, noto per le vere e proprie persecuzioni nei confronti dei seminaristi che non rientravano nelle sue simpatie ai tempi di Ancona, e per una gestione della diocesi di Cremona che oggi molti definiscono imbarazzante. Al suo fianco Mons. Trevisi, vescovo di Trieste ma originario di Cremona. Entrambi senza talare filettata, Napolioni addirittura con le maniche corte. Forse a Cremona qualcuno non si è reso conto che c’è stato un Conclave.
Del resto, questo è l’episcopato che ci ritroviamo oggi. Basti pensare a Napolioni: alla Giornata Mondiale della Gioventù ballava e faceva il pagliaccio in talare filettata e zucchetto, sul quale aveva perfino messo un cappello da pescatore. Davanti al Santo Padre, invece, si presenta in maniche corte, con una croce pettorale che si adagia comodamente sulla pancia. Perché la povertà, si sa, è un valore da sbandierare quando si parla di liturgia o di tradizione. Ma quando si tratta di svuotare la dispensa, lì non si lesina nulla.

Leone XIV vicino ai suoi seminaristi
Mentre certa stampa continua a ripetere che Papa Leone XIV sarebbe "freddo", una narrazione a cui non si è sottratto nemmeno il cardinale Zuppi — che al Festival di Repubblica non ha speso una sola parola in sua difesa —, Prevost si è invece confermato uomo affabile, vicino ai preti e ai seminaristi. Dopo aver salutato i formatori e i vescovi, ha voluto avvicinarsi a tutti i chierici, passando tra di loro, sorridendo con semplicità. Ha preso qualche zucchetto che i giovani gli porgevano, lo ha posato sul capo e poi lo ha restituito con cordialità. Ha firmato cartoline, stretto mani, anche a chi lo tirava maleducatamente per una mano.
E il Papa? Sempre sorridente. Anche quando veniva strattonato, non ha reagito con rabbia o stizza. Non si è ripetuta la scena imbarazzante di chi, anni fa, perse la pazienza con una signora asiatica in Piazza San Pietro. Un altro stile, un’altra postura. Ma questo, potete star certi, né Andrea Tornielli né Salvatore Cernuzio — da Pizzo Calabro — ve lo racconteranno.
Al termine della meditazione i seminaristi sono usciti ed erano molto contenti. Qualcuno ha commentato dicendo: “Finalmente si respira un’aria distesa, la meditazione del Papa sarà occasione di meditazione anche per questi giorni e nel futuro. Ciò che più ci rasserena è che il Papa ci vuole bene e ce lo ha detto e ci incoraggia, piuttosto che bastonarci in continuazione”.
p.M.C.
Silere non possum