Milano, 19 aprile 2025 — In un Duomo avvolto dalla penombra e poi gradualmente inondato dalla luce, l’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Enrico Delpini, ha presieduto la solenne Veglia Pasquale, cuore del Triduo e culmine dell’intero anno liturgico. Una celebrazione carica di segni, memoria e speranza, definita da sant’Agostino la “madre di tutte le veglie”, che nella tradizione ambrosiana assume un carattere ancora più ricco di simboli e spiritualità.
La liturgia si è aperta, come da antica prassi, davanti all’ingresso del Duomo, dove Mons. Delpini ha benedetto il lume – un tempo portato dalla chiesa del Santo Sepolcro – simbolo della luce nuova del Cristo risorto. Accompagnata dal canto del Preconio Pasquale nella sua versione ambrosiana, la processione ha fatto ingresso nel tempio, mentre le luci si accendevano progressivamente fino a rischiarare completamente la cattedrale, illuminata infine dal grande Cero pasquale acceso dal lume benedetto.
Il canto del Preconio, intonato dal pulpito, ha ricordato la centralità della luce del Risorto, paragonata alla colonna di fuoco che guidò Israele e alla stella dei Magi. Una liturgia carica di tensione spirituale, che invita alla veglia e all’attesa, alla speranza anche quando tutto sembra perduto: “Dobbiamo attendere in veglia che il nostro Salvatore risorga”, ha proclamato il diacono.
Come da tradizione ambrosiana, al posto del Gloria, il momento culminante della Veglia è stato il solenne Annuncio della Risurrezione: “Christus Dominus resurrexit!”, proclamato per tre volte dall’Arcivescovo dai tre lati dell’altare, seguito dallo scampanio festoso e dal suono dell’organo, a rompere il silenzio che aveva accompagnato la morte del Signore.
Mons. Delpini: "Andate avanti, Gesù vi precede"
Nella sua omelia, Mons. Delpini ha offerto una riflessione profonda, intessuta di realismo e speranza, strutturata come una triplice domanda: “C’è una parola da dire?”
Alla prima domanda, rivolta all’umanità di oggi, spesso smarrita e impaurita, l’Arcivescovo ha risposto con parole nette: “Anche se non avete stima di voi stessi, anche se vi fate paura l’un l’altro, il Padre di Gesù Cristo vi stima, vi vuole amici. Gesù si consegna nelle vostre mani per amarvi fino alla fine”. È un messaggio che squarcia il velo di disillusione e scoraggiamento che grava su tanti, e annuncia con forza: “Gesù è risorto. Non abbiate paura” .
Alla seconda domanda, rivolta alla Chiesa stessa, spesso scoraggiata, incompresa, tentata di sentirsi inadeguata, Delpini ha affidato un mandato: “Almeno tu, santa Chiesa di Dio, non aver paura dell’opera di Dio. Gesù è risorto: andate, andate avanti, Gesù vi precede”. Un’esortazione alla fiducia e al coraggio, per una Chiesa chiamata a vivere la bellezza e la fecondità della Risurrezione, anche nelle sue fragilità .
Infine, una parola ai catecumeni, che in questa Veglia hanno ricevuto i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana. A loro l’Arcivescovo ha detto: “Non abbiate paura, ma abbiate pazienza. Non pretendete servizi, ma rendetevi disponibili per il servizio. Siete Chiesa insieme con tutti, Chiesa dalle genti”. Un incoraggiamento forte a sentirsi parte viva e piena della comunità, chiamati a portare la luce del Risorto nel mondo .
Il volto giovane e universale della Chiesa
Momento commovente della notte è stata la celebrazione dei Sacramenti dell’Iniziazione. Dieci catecumeni adulti, provenienti da storie e Paesi diversi, hanno ricevuto da Mons. Delpini il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, diventando pienamente membri della Chiesa. La processione al Fonte battesimale, guidata dal Cero pasquale, ha reso visibile l’immagine evocata nel Preconio: “la colonna di fuoco che guida i redenti alle acque che danno salvezza”. La Veglia si è conclusa con la liturgia eucaristica e il canto allo spezzare del pane, tratto da san Giovanni Damasceno, che ha sigillato l’intera celebrazione con un grido di gioia: “Morivo con te sulla croce, oggi con te rivivo. Con te dividevo la tomba, oggi con te risorgo. Donami la gioia del regno, Cristo, mio Salvatore. Alleluia, alleluia”.
d.L.V.
Silere non possum