Diocesi di Brescia

Brescia - Sabato 8 novembre, nella Chiesa Cattedrale di Brescia, è stata presieduta la Santa Messa con la tumulazione della salma di S.E.R. Mons. Giulio Sanguineti, vescovo emerito, secondo la volontà da lui espressa di riposare nel cuore della Chiesa che ha servito.

La Messa esequiale è stata presieduta dal vescovo Pierantonio Tremolada e concelebrata dai vescovi Mons. Carlo Bresciani, Mons. Domenico Sigalini, Mons. Francesco Beschi e Mons. Dante Lafranconi. Hanno concelebrato anche il vicario generale, mons. Angelo Gelmini, e i canonici della Cattedrale. Al termine della celebrazione si è proceduto alla tumulazione della salma del presule, deceduto a Lavagna il 6 novembre 2025. Questa mattina, nella Cattedrale di Chiavari, il vescovo Devasini ha presieduto le Esequie. La diocesi si è raccolta attorno alla memoria di un pastore che ha vissuto il proprio ministero con lo “sguardo fisso su Gesù”, tratto distintivo della sua vita spirituale e filo conduttore della sua eredità.

Un pastore dallo sguardo rivolto a Cristo

Nell’omelia, il vescovo Pierantonio ha ricordato le tappe del ministero di mons. Sanguineti: Savona-Noli (1981-1989), La Spezia-Sarzana-Brugnato (1989-1998), Brescia (1999-2007). Un percorso che il vescovo Giulio ha sempre interpretato alla luce del versetto della Lettera agli Ebrei che amava ripetere: «Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento».  Il suo motto episcopale, In sanguine suo, condensava questa prospettiva: il ministero come partecipazione al dono totale di Cristo. Chi lo ha frequentato riconosceva in lui una disponibilità d’animo, una capacità di ascolto e una paternità che non erano semplici tratti caratteriali, ma frutto di una vita radicata nella contemplazione.

Una vita letta dalla soglia dell’eternità

Questo orientamento emerge con forza anche dal testamento spirituale, che mons. Sanguineti ha scritto nel 2011 e completato nel 2015. Le prime parole ne rivelano la profondità: «Accetto volentieri la morte quando piacerà al Signore, come ho accettato volentieri la vita. Voglio morire in assoluta fedeltà alla Chiesa, in totale disponibilità al santo Padre». La morte non come estraneità, ma come compimento. Il suo sguardo su Cristo diventa, nel testamento, uno sguardo sul proprio cammino: riconoscente, lucido, pacificato. 

«Ho sempre inteso leggere la mia vita in vista dell’eternità… e muoio felice!» È qui che si comprende anche la scelta di riposare in Cattedrale: non un onore personale, ma il desiderio di rimanere nel cuore della Chiesa che ha servito, da pastore e da figlio.

Relazioni, speranza e paternità

Il vescovo Pierantonio ha ricordato come, arrivato a Brescia, mons. Sanguineti fosse rimasto colpito dalla vastità della diocesi. Invece di intimorirsi, scelse di imparare volti e nomi dei sacerdoti, convinto che la pastorale nasce dalle relazioni, non dai numeri. La visita pastorale (2001-2006) fu vissuta come un dono reciproco: ogni incontro generava incoraggiamento. Il suo modo di infondere speranza non era una strategia comunicativa, ma una forma concreta della sua fede: testimonianza di ciò che lui stesso scrive nel testamento: «Chiedo la comprensione di quanti sono stato chiamato a servire… Ho amato tutti, popolo di Dio… Ho amato i sacerdoti. Li ho amati tutti, indistintamente». Non c’è retorica: è la stessa paternità che emergeva nella vita quotidiana.

Comunicazione, catechesi, missione

Mons. Sanguineti intuì presto l’importanza dei mezzi di comunicazione per la vita ecclesiale, tanto da presiedere per cinque anni la Commissione CEI per le Comunicazioni sociali. Brescia gli ha dedicato il Centro diocesano per le Comunicazioni proprio per questo motivo. La cura per l’educazione e per la catechesi dei ragazzi, la valorizzazione degli oratori, la promozione di una pastorale creativa e corresponsabile furono altri tratti distintivi del suo ministero. Questa anima missionaria ritorna nelle sue parole testamentarie: «Credo nella risurrezione… Chiedo la preghiera… Benedico tutti». Una fede che non si chiude, ma si dona.

Una semplicità che custodiva una grandezza

Nell’omelia, il vescovo Pierantonio ha ricordato la semplicità e la generosità nascosta di mons. Sanguineti. Anche nel testamento, la semplicità si traduce in gratitudine e delicatezza: «Posso offrire soltanto un sorriso di riconoscenza… Sono certo del perdono di tutti… Io non ho nulla da perdonare a nessuno». E nella parte finale, aggiunta nel 2015, affida un pensiero grato alla propria famiglia, ricordando con tenerezza persone, volti, luoghi. È un tratto umano che completa e illumina il suo servizio ecclesiale.

«Nunc dimittis»: l’ultima Compieta

Il testamento si chiude con un’immagine che appartiene alla tradizione spirituale dei santi: «Chiedo alla Madonna… di farsi attenta al mio nunc dimittis, in questo momento in cui celebro l’ultima Compieta, quella della mia vita». Così ha desiderato morire. Così ha insegnato a vivere: nella consapevolezza che la vita è cammino verso il volto di Cristo, nella pace di chi sa che la misericordia precede ogni nostro passo.

La Cattedrale, il volto di Cristo, la sua eredità

Il vescovo Pierantonio ha invitato la Chiesa di Brescia a custodire l’eredità spirituale di mons. Sanguineti: una fede intensa, una pastorale delle relazioni, una visione missionaria, una semplicità evangelica. La sua tomba davanti al monumento di san Paolo VI è segno di una continuità: due pastori che hanno fatto della Chiesa di Brescia un luogo dove Cristo può essere guardato negli occhi. Nel testamento, mons. Sanguineti scrive: «Nulla rimpiango… la vita eterna con il Signore trascende ogni bellezza». È da questa bellezza che ora intercede per la sua Chiesa.

R.A.
Silere non possum

Omelia del vescovo Pierantonio Tremolada

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,
siamo riuniti per dare l'ultimo saluto al vescovo Giulio, le cui spoglie da oggi riposeranno in questa nostra cattedrale, che lo vide presiedere i santi misteri e da qui guidare il cammino dell'intero popolo di Dio, a lui affidato negli anni che vanno dal 1999 al 2007. Egli fu prima vescovo della Diocesi di Savona-Noli, dal 1981 al 1989, e successivamente vescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato, dal 1989 al 1988. Nominato vescovo di Brescia il 19 dicembre 1998, ha assunto qui il suo ministero il 28 febbraio 1999. Il suo episcopato in questa nostra Diocesi si è concluso il 19 luglio 2007.Pastore mite e lungimirante, concreto e sobrio, il vescovo Giulio è stato uomo di grande fede e di forte spiritualità. Il suo motto episcopale, In sanguine suo, lascia trasparire la centralità che ebbe per lui il rapporto con Gesù, l'Agnello di Dio che per amore dell'intera umanità ha versato il suo sangue sulla croce. Si potrebbe riassumere la sua spiritualità in un versetto della Lettera agli Ebrei che gli era particolarmente caro e che spesso proponeva agli altri: «Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,1-2). Lo sguardo fisso su Gesù! Non fu certo un caso che egli abbia scelto questi versetti come citazione per l'immagine ricordo del suo cinquantesimo anniversario di ordinazione presbiterale (il 29 maggio 2005) e abbia voluto unirvi la riproduzione fotografica della meravigliosa icona del volto di Gesù presente nella sacrestia della nostra Cattedrale. La riconosciuta capacità di ascolto del vescovo Giulio - caratteristiche della sua paternità - rifletteva esattamente questo: lo sguardo del vescovo era affascinato e incantato dal volto di Cristo.

Chi ha conosciuto da vicino il vescovo Giulio racconta che, arrivando a Brescia agli inizi del 1999, egli rimase letteralmente impressionato dai numeri e dalle dimensioni della Diocesi. Siccome, però, era un uomo dal cuore lieto e allietante, invece di spaventarsi o bloccarsi, decise di investire sulle relazioni. Il primo impegno che si prese fu di imparare i nomi e i volti dei suoi sacerdoti.

Coltivare le relazioni: era questa la sua scelta pastorale prioritaria. Si impegnò nella visita pastorale che condusse dall'anno 2001 all'anno 2006 e che visse non come atto amministrativo, ma come occasione di grazia. In quelle visite diffondeva serenità e simpatia. Dopo qualsiasi incontro con i più diversi gruppi parrocchiali, i Consigli Pastorali, le Associazioni o i Movimenti laicali era unanime la reazione e il commento di chi lo aveva ascoltato: tutti si sentivano incoraggiati e rallegrati. La sua capacità di infondere speranza, pur tra mille problemi e complessità, era innata e spontanea. Si fondava sulla sua vita di preghiera, cioè nella sua relazione personale col il Signore Gesù Cristo, sul quale manteneva fisso lo sguardo.

Questa fede genuina generava un altro dei suoi tratti caratteristici: l'entusiasmo. Fu questo il motore che lo spinse a valorizzare i mezzi di comunicazione sociale e di informazione. Questi ultimi furono oggetto di una sua specifica attenzione, che derivava, oltre che dalla sua sensibilità, dalla convinzione che il loro uso corretto e creativo contribuisse ad una evangelizzazione al passo con i tempi. Una simile convinzione gli valse il riconoscimento della Conferenza Episcopale Italiana, che gli affidò per cinque anni (dal 1995 al 2000) l'incarico di presiedere la Commissione per le Comunicazioni sociali. La nostra Diocesi di Brescia ha voluto dedicare a lui il proprio Centro per le Comunicazioni. Che una simile sensibilità si coniugasse armonicamente con la sua formazione di stampo giuridico - era laureato in Diritto Canonico - è un particolare che stupisce e lascia intravedere la variegata fisionomia della sua personalità.

Ebbe inoltre molto a cuore la cura dell'educazione dei ragazzi e promosse con convinzione e impegno la revisione della proposta di catechesi per loro e per i loro genitori, i cui principi fondamentali stanno ancora ispirando la nostra azione pastorale in questo campo. Considerava inoltre l'oratorio un'originale e feconda modalità di accompagnamento dei ragazzi nel loro cammino di fede e di crescita umana. Raccomandava di valorizzarlo in modo creativo. Il vescovo Giulio guardava alla Chiesa in una prospettiva missionaria. In una delle sue ultime omelie si esprime così: «Chiedo alla Chiesa bresciana di non accontentarsi della sua forte tradizione cristiana, ma di assumere lo sforzo per un impegno di testimonianza nel presente della nostra terra». Sentiva il bisogno di superare una visione statica della Chiesa e la spronava a compiere un coraggioso cammino di rinnovamento. Sentiva vivo l'appello del Concilio Vaticano II a riconoscere i segni dei tempi, per accogliere la voce dello Spirito. Esortava ad una viva corresponsabilità nella Chiesa, che permettesse a ciascuno di dare il proprio contributo per l'edificazione del Corpo vivo di Cristo. Della personalità del vescovo Giulio non va infine dimenticato il tratto della semplicità. Chi lo ha conosciuto più da vicino è stato testimone della sua spontanea empatia, unita a una squisita amabilità. Più nascosta è stata la sua generosità e la condivisione nei confronti delle persone povere e in difficoltà.

Infine, se l'anno liturgico ben celebrato costitutiva l'ossatura del suo ministero sacerdotale ed episcopale, una tenerissima devozione a Maria Santissima illuminava la sua ferialità e dava ristoro alle sue intense giornate.

Ci aiuti il Signore a far tesoro dell'eredità spirituale che questo pastore buono lascia alla Chiesa universale e alla nostra Chiesa in particolare, cui tanto era affezionato, come dimostra la sua decisione di riposare qui nella nostra cattedrale. Il suo grato ricordo ci sproni ad una vita che renda onore alla nostra vocazione battesimale. E il Signore nostro Gesù Cristo, per la potenza del suo Spirito, non lasci mai mancare alla sua Chiesa degni ministri della Nuova Alleanza, pastori secondo il suo cuore, che portino al mondo consolazione e speranza.

+ Pierantonio Tremolada
Vescovo di Brescia