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Città del Vaticano - Oggi, nella Basilica di San Pietro, si è celebrata la terza Messa dei novendiali per la morte di Papa Francesco. A presiedere la celebrazione è stato il cardinale vicario di Roma, S.E.R. il Sig. Card. Baldassare Reina, che, nel suo intervento, ha scelto un tono non solo di commemorazione mielosa ma anche di denuncia e accusa. Chi si aspettava una celebrazione sobria, di raccoglimento e di preghiera, è rimasto inevitabilmente deluso. L’omelia, infatti, si è trasformata in un lungo, stucchevole discorso politico-ecclesiale, condito da metafore azzardate, immagini apocalittiche e – quel che è peggio – invettive velate (ma non troppo) contro il Sacro Collegio e contro ampie parti della Chiesa stessa. Davvero, viene da chiedersi: era questo il luogo e il momento per simili sfoghi? Un cardinale presente, al termine della celebrazione eucaristica si è lasciato sfuggire, non senza amarezza: “Eminenze, ci sono le Congregazioni generali dove siamo soli per poter dire queste cose!”.

Ed ha perfettamente ragione. Le omelie, soprattutto quando sono pubbliche e trasmesse, non sono il momento adatto per alimentare narrazioni distorte, fomentare divisioni interne o, peggio ancora, gettare discredito su chi, tra mille difficoltà, continua a portare avanti la missione della Chiesa.

Non stupisce tuttavia che parole tanto critiche provengano da chi, per tutto il pontificato di Francesco, ha saputo trarre vantaggi da non pochi intrallazzi e legami opachi. Baldassare Reina, l’uomo che oggi si è atteggiato a novello profeta di un “nuovo cielo e nuova terra”, è lo stesso che – sotto il manto della finta riforma – ha diligentemente eseguito i desiderata di Renato Tarantelli, contribuendo in modo attivo alla demolizione del vicariato di Roma. È lo stesso che non esitò a sostenere la delegittimazione di Angelo De Donatis, spostato alla Penitenzieria Apostolica, davanti al Papa e ha favorito la sua cacciata con modalità che definirle discutibili sarebbe un eufemismo.

[Molti cardinali hanno disertato la Santa Messa e non vi hanno preso parte]


Chi conosce la storia della Chiesa sa bene che vi è una categoria particolarmente pericolosa: quella di coloro che, per farsi belli agli occhi del popolo e degli apparati di potere come la stampa, attaccano il sistema stesso che li ha nutriti e promossi. Come ha ricordato Tacito nelle sue Historiae, nulla è più insidioso di colui che tradisce ciò da cui ha tratto beneficio: “Beneficiis acceptis meminisse tardum, iniuriarum autem celerem esse recordationem.

Così anche oggi: tra le navate della basilica vaticana, al posto di una voce che invitasse alla speranza e al ritorno a Gesù Cristo, è risuonata l’eco amara di chi preferisce gettare discredito sul clero, cavalcare l’onda mediatica per insinuare sospetti e mettere le mani avanti. Un altro cardinale ha protestato con parole altrettanto severe: “Interventi brevi e che vadano al punto, non mielose considerazioni sul passato e affermazioni che gettano discredito su chi serve la Chiesa con fatica e sacrificio.

La sensazione, sgradevole e concreta, è che certi personaggi si stiano già accapigliando per orientare il futuro conclave, cercando di mettere in cattiva luce ogni voce che non si pieghi alla narrazione di un cambiamento inesorabile, necessario.

L’immagine che rimane, in fondo, è quella di un’assemblea riunita per suffragare l’anima del Papa defunto e costretta ad ascoltare una lamentazione infarcita di recriminazioni, da parte di chi, come certi protagonisti di Orwell in La fattoria degli animali, predica uguaglianza mentre si riserva il diritto di decidere chi deve comandare. “Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.

Il vicario ha detto: «E non può essere, questo, il tempo di equlibrismi, tattiche, prudenze, il tempo che asseconda l’istinto di tornare indietro, o peggio, di rivalse e di alleanze di potere, ma serve una disposizione radicale a entrare nel sogno di Dio affidato alle nostre povere mani». Si, Baldo, gli stessi giochi di potere di cui ti sei servito tu per arrivare qui da Agrigento. 

d.L.P.
Silere non possum