Primo e unico cardinale svedese nella storia, S.E.R. il Sig. Cardinale Anders Arborelius O.C.D. è una figura che sfugge alle etichette ecclesiastiche. Convertitosi al cattolicesimo a vent’anni, dopo un’infanzia segnata dall’incontro con le suore brigidine, ha guidato per oltre venticinque anni la diocesi di Stoccolma, in una terra dove i cattolici sono minoranza ma in costante crescita, grazie soprattutto all’immigrazione.

In questa intervista rilasciata alla Bonifatiuswerk, il cardinale Arborelius riflette sulla sua esperienza al conclave che ha eletto Leone XIV, sul clima ecclesiale in Svezia, e sul futuro della Chiesa in Europa. Parla con sincerità anche della sua attesa per la successione episcopale e della speranza di poter tornare presto alla vita carmelitana.

Lontano da ogni ideologizzazione, rifiuta la divisione tra “progressisti” e “conservatori” nella Chiesa, sottolineando invece la necessità di unità, dialogo e fede vissuta nella quotidianità. Una testimonianza discreta ma potente, che aiuta a comprendere come la cattolicità possa prendere forma anche ai margini dell’Europa cattolica.

Eminenza, per un certo periodo lei è stato considerato un possibile successore di papa Francesco. Un grande quotidiano tedesco ha scritto: “È considerato una persona riflessiva e apprezzata sia dai conservatori sia dai progressisti”. È d’accordo?
Cardinale Anders Arborelius: Sono sempre stato un po’ contrario a questa tendenza di dividere i cardinali in due gruppi. Su alcune questioni, infatti, come cristiani siamo molto tradizionali, forse anche molto conservatori, e su altre no. Ho sempre cercato di non farmi classificare in queste correnti partitiche. È meglio evitare il più possibile l’uso di una terminologia politica all’interno della Chiesa. Altrimenti finiamo per esserne condizionati.

Lei è tra i cardinali che hanno avuto il compito di eleggere il nostro Papa. Com’è stata l’atmosfera in conclave e che impatto ha avuto su di lei questa esperienza? Non capita spesso di eleggere un Papa…
Card. Arborelius: …sì, è proprio vero. Nella mia vita ho avuto una sola volta questo privilegio e questa grazia. Ma è stato anche molto emozionante e interessante vedere quanto fosse tutto ben organizzato. Tante persone erano lì per aiutarci. Nella Cappella Sistina l’atmosfera era molto solenne. E penso che tutti noi abbiamo sentito: qui è all’opera lo Spirito Santo. Non siamo noi a trovare un candidato, è Dio che ci guida, attraverso lo Spirito, a scegliere colui che Egli ha già scelto.

Lei conosceva Robert Francis Prevost già prima della sua elezione come 267º vescovo di Roma. Che impressione ha avuto di lui come persona?
Card. Arborelius: L’ho conosciuto in occasione di alcuni incontri presso il Dicastero per i Vescovi, di cui era prefetto. Ha sempre guidato molto bene le discussioni. Ascoltava tutti, era sempre molto discreto, non voleva mai imporre la sua opinione. Si è fatto conoscere come una persona profondamente credente e umile, con grandi capacità e sensibilità umana. Ne siamo rimasti tutti molto colpiti. Dopo la sua elezione, il Papa è venuto a trovarci al Dicastero per ringraziarci di nuovo. Una persona davvero, davvero buona.

Nel mio ambiente percepisco molto sostegno verso il nostro Papa. È chiaramente riconosciuto come un ambasciatore di pace. Quali speranze ripone personalmente nel pontificato di Leone XIV? E quali aspettative ha nei suoi confronti?
Card. Arborelius: Ha detto di voler promuovere l’unità nella Chiesa. E penso che lo stesso valga per il suo Paese, gli Stati Uniti, dove la società è fortemente polarizzata. Papa Leone XIV è un uomo di dialogo. Credo quindi che abbia molte opportunità per favorire il dialogo sia all’interno della Chiesa sia nella società. Ha già fatto molto per rafforzare relazioni importanti – ad esempio con l’ebraismo. E ha offerto il Vaticano come luogo per i negoziati tra Russia e Ucraina. Vedo in lui molti doni, molti carismi, che lo aiuteranno a lavorare per l’unità, per la pace e per il dialogo. In questo senso, sono molto fiducioso.

Eminenza, lei è cresciuto in un ambiente luterano. A vent’anni si è convertito al cattolicesimo. Cosa l’ha portata a questa scelta?
Card. Arborelius: Sono cresciuto in Svezia, ma sono nato in Svizzera. La mia famiglia aveva una bella amicizia con le suore brigidine di Lugano, e durante l’infanzia e l’adolescenza ho avuto molti contatti con loro. Penso che la loro bontà e la loro devozione mi abbiano molto influenzato. Non ho mai partecipato attivamente alla Chiesa luterana in Svezia. Sono stato battezzato e cresimato lì, ma avevo una fede cristiana piuttosto generale. Col tempo ho capito che la Chiesa cattolica è la Chiesa fondata da Cristo, e che è lì che io appartengo. Si può dire: non mi sono allontanato da qualcosa, mi sono avvicinato alla Chiesa cattolica.

Questo aspetto della sua biografia ha influenzato il suo atteggiamento verso l’ecumenismo? E in che modo?
Card. Arborelius: Non posso dire di conoscere bene la Chiesa luterana qui in Svezia. Ma mi fa molto piacere vedere che ci sono tante cose in comune. Certo, ci sono anche differenze, dottrinali ed etiche. Ma dobbiamo rallegrarci per ciò che ci unisce in Gesù Cristo. Oggi è fondamentale che come Chiese cristiane aiutiamo insieme le persone a conoscere Gesù e ad accogliere il Vangelo. Per questo cerco di impegnarmi per l’ecumenismo, sia qui sia altrove.

La Chiesa cattolica in Svezia è in crescita. In 15 anni i cattolici registrati sono passati da 40.000 a 131.000. A cosa è dovuto questo incremento?
Card. Arborelius: Siamo ancora una minoranza. Le conversioni sono relativamente poche – circa 100 all’anno. Ma la Chiesa cresce grazie all’immigrazione. È evidente. I migranti portano con sé le loro tradizioni e abitudini. E per noi è fondamentale accoglierli nelle nostre comunità, farli sentire a casa, dare loro spazio per contribuire. Perché spesso, quando si è migranti, ci si sente un po’ di serie B. Dobbiamo fare tutto il possibile per integrare i migranti nelle parrocchie, così che possano aiutarci a vivere la nostra fede.

Riesce facilmente a raggiungere questi fratelli e sorelle nella fede? Quali ostacoli esistono?
Card. Arborelius: Ci sono molti immigrati molto ferventi, che frequentano regolarmente le chiese. Ma in Svezia non abbiamo molte chiese cattoliche. Non è facile partecipare alla Messa. La situazione è molto diversa dalla Germania. Un altro problema è che molti immigrati vanno a Messa solo se è nella loro lingua madre – polacco, arabo, croato, spagnolo, ecc. Ma non sempre è possibile. Cerchiamo quindi di convincerli a partecipare alle Messe in svedese, che è anche un modo per integrarsi nella società.

Ha accennato alla scarsità di chiese cattoliche in Svezia. Questo è un problema strutturale che rende difficile trasmettere la fede. Qual è il ruolo del Commissariato per la diaspora dei vescovi tedeschi?
Card. Arborelius: È un aiuto molto grande. L’Opera Bonifatius e il Commissariato per la diaspora fanno di tutto per aiutarci. Non solo per costruire nuove chiese, ma anche per sostenere attività pastorali – ad esempio con i giovani o in iniziative missionarie. Offrono anche fondi per gli stipendi dei sacerdoti. Ma l’aiuto va ben oltre. Ci invitano spesso in Germania – noi vescovi ma anche altri gruppi ecclesiali. Queste relazioni personali sono preziose e ci rafforzano nella fede.

Nel 2024 ha presentato la sua rinuncia a papa Francesco. Ha 75 anni. Se mi permette l’osservazione: per un cardinale è un po’ presto per la pensione. Quali sono i suoi progetti per i prossimi anni?
Card. Arborelius: La rinuncia è stata accettata, ma devo ancora rimanere in carica. Attenderò con pazienza che il Santo Padre trovi un successore. Al momento, quindi, la mia responsabilità principale è ancora guidare la diocesi di Stoccolma. Spero poi di poter tornare al convento carmelitano di Norraby, nel sud della Svezia, dove ho vissuto a lungo e sono entrato nell’Ordine. Ma prima devo essere informato da Roma su quando potrò ritirarmi. Quindi aspetto il “quando, dove e come”.