Ancona - Roberta Bruzzone, psicologa e criminologa nota per le sue frequenti partecipazioni televisive, è stata segnalata all’Ordine degli Psicologi delle Marche. La segnalazione è avvenuta attraverso un esposto presentato il 28 ottobre 2025 e successivamente integrato il 15 novembre, a seguito di ulteriori dichiarazioni rese dalla professionista durante la trasmissione Ore 14 in onda sulla rete di Stato italiana.
Il documento, firmato dal direttore del portale di informazione Silere non possum, Marco Perfetti, prende in esame quanto affermato da Bruzzone nella puntata del 27 ottobre. In quella circostanza, la psicologa aveva espresso in diretta televisiva valutazioni sulla persona di Alberto Stasi, descrivendolo come soggetto che “fruisce di materiale pornografico in maniera anche piuttosto entusiasta”. Tali affermazioni, spiega Perfetti, possono configurare una violazione dei principi deontologici relativi al rispetto della dignità, della riservatezza e dell’autodeterminazione della persona, oltre a rappresentare un giudizio morale su un comportamento privato e lecito che non può essere trattato come elemento clinico o patologico in assenza di fondamenti diagnostici. L’esposto contesta inoltre che Bruzzone abbia espresso valutazioni psicologiche senza aver mai incontrato Stasi né aver avuto accesso diretto ad alcuna documentazione clinica, in contrasto con le norme che impongono di formulare giudizi solo sulla base di conoscenza diretta o documentazione adeguata. Il documento segnala anche l’uso di un linguaggio ritenuto non compatibile con il decoro e la responsabilità comunicativa che la professione richiede, soprattutto in contesti televisivi seguiti da un vasto pubblico e in orario pomeridiano, ovvero in fascia protetta. Due settimane più tardi, il 15 novembre, alla luce delle nuove dichiarazioni rese da Bruzzone nella successiva puntata del 13 novembre di Ore 14, Perfetti ha depositato un’integrazione all’esposto.
Nel corso della trasmissione, infatti, la psicologa ha ammesso pubblicamente di non aver mai avuto accesso alla cartella clinica di Stasi, precisando di essersi basata esclusivamente su quanto pubblicato dai giornali. A ciò si sono aggiunte frasi ulteriori, pronunciate con particolare insistenza, riguardanti la presunta abitualità e “entusiasmo” nella fruizione di materiale pornografico da parte del detenuto. Secondo l’integrazione, tali dichiarazioni, oltre a essere “di natura addirittura clinica”, mostrano l’assenza di un fondamento documentale e confermano integralmente le criticità già rappresentate nel primo atto.
Lo show mediatico e la carneficina
La vicenda si inserisce in un clima di crescente tensione attorno al caso Garlasco, che a quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi continua a suscitare interrogativi e polemiche. Nel tempo sono emersi errori significativi nelle prime indagini, criticità nei comportamenti di alcuni uffici giudiziari, fuoriuscite di atti investigativi e ricostruzioni contraddittorie. Parallelamente, il caso è divenuto un appuntamento fisso nel palinsesto televisivo, trasformandosi spesso in un format mediatico più che in un oggetto di analisi giudiziaria. In questo contesto, figure professionali come avvocati, criminologi e psicologi sono chiamate a commentare la vicenda con toni talvolta assertivi, contribuendo a plasmare la percezione dell’opinione pubblica ben oltre ciò che la deontologia consentirebbe.
La segnalazione nei confronti di Bruzzone nasce esattamente in questo quadro: il crescente timore che il dibattito televisivo sul caso Garlasco stia oltrepassando il limite della responsabilità professionale, attribuendo tratti clinici a soggetti specifici senza basi documentali e alimentando una narrazione che rischia di confondere giudizi morali, valutazioni psicologiche e spettacolarizzazione del dolore altrui. Ora spetterà all’Ordine degli Psicologi delle Marche esaminare l’esposto e la relativa integrazione, e valutare se avviare un procedimento disciplinare nei confronti della professionista. La decisione, attesa nelle prossime settimane, avrà un peso significativo nel dibattito più ampio sul ruolo e sulle responsabilità dei professionisti chiamati a intervenire in casi giudiziari fortemente mediatizzati.
Molti psicologi e psicoterapeuti, così come numerosi avvocati e magistrati, manifestano crescente preoccupazione per i comportamenti assunti da alcuni loro colleghi negli ultimi mesi. C’è chi, sapendo di essere ripreso, si concede brindisi vantandosi di compensi percepiti in nero; chi, pur avendo ricoperto funzioni giudiziarie, interviene pubblicamente su casi ancora aperti, offrendo interpretazioni personali degli atti o dichiarando di aver “ritenuto innocente” un indagato sin dall’inizio, dimenticando che un magistrato non difende le proprie tesi in televisione, ma negli atti processuali, che sono gli unici sottoposti a giudizio. E ci sono psicologi che, davanti alle telecamere, adottano toni provocatori, aggressivi, talvolta verbalmente violenti, arrivando perfino a formulare valutazioni di natura clinica su persone che non hanno mai incontrato e senza alcuna conoscenza delle perizie o delle relazioni dei colleghi che sono stati incaricati.
Ancora una volta, purtroppo, in Italia la giustizia sembra incapace di assolvere al proprio compito con rigore, responsabilità e verità, ma si rivela perfettamente funzionale a fornire materiale utile al palinsesto televisivo. E mentre il dibattito mediatico continua a occupare la scena, rimane un dato che nessuno dovrebbe dimenticare: Chiara Poggi è stata uccisa, e il suo assassino è ancora a piede libero.
S.C.
Silere non possum