Domenica 20 aprile 2025, nel Duomo di Milano, l’Arcivescovo Mario Enrico Delpini ha presieduto il solenne pontificale della Domenica di Pasqua nella Risurrezione del Signore.
“Noi siamo tra i cinquecento”
L’omelia pronunciata dall’Arcivescovo ha toccato profondamente i fedeli presenti. Partendo dalla testimonianza di San Paolo ai Corinzi, Delpini ha riflettuto sull’apparizione del Risorto non solo ai grandi nomi della storia della Chiesa — Cefa, i Dodici, Giacomo, lo stesso Paolo — ma anche a “più di cinquecento fratelli in una sola volta”. È a questi che l’Arcivescovo si è rivolto con tenerezza e realismo: “Noi siamo tra i cinquecento”, ha detto, “quelli che non si distinguono per opere memorabili, che non meritano lapidi né altari, ma che Gesù ha scelto ugualmente di incontrare”. Un messaggio potente che ha messo al centro i piccoli, i dimenticati, i fedeli anonimi che, pur senza fama né onori, portano nel cuore la fiamma della fede. “Non pretendiamo di essere ascoltati,” ha aggiunto Delpini, “ci basta essere riconosciuti da Gesù e da lui cercati”.
La liturgia: canto, Parola e Mistero
Le letture hanno guidato i fedeli nel mistero della Risurrezione: dagli Atti degli Apostoli, con l’invito di Gesù a restare a Gerusalemme in attesa dello Spirito, alla Prima Lettera ai Corinzi, dove Paolo tramanda il cuore della fede cristiana: “Cristo morì per i nostri peccati […] ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture”. Il Vangelo secondo Giovanni ha posto al centro la figura di Maria di Magdala, prima testimone del Risorto. In lei l’Arcivescovo ha riconosciuto il volto di chi, pur insignificante agli occhi del mondo, è toccato dalla grazia e chiamato a una missione: “Ho visto il Signore!”.
La luce che dice “Qui c’è il Signore”
“Se non possiamo essere fari che orientano i naviganti,” ha detto ancora l’Arcivescovo, “possiamo essere piccole luci come quella accesa presso il tabernacolo, che dice: qui c’è il Signore”. Un’immagine forte e poetica, quella della lampada rossa, che ben rappresenta il compito dei cristiani nella società di oggi: “una goccia d’olio per tenere viva una fiammella che annuncia la presenza di Cristo”. In questo spirito, Delpini ha invitato a vivere la Pasqua come segno concreto di speranza e presenza, là “dove si ama, dove si piange, dove si pratica il bene di cui nessuno ti ringrazia”.
Il Giubileo e la chiamata alla speranza
L’omelia si è chiusa con un riferimento al Giubileo: “La grazia dell’anno santo e la proposta del Giubileo sono offerte a tutti, anche a noi, perché qualunque sia la nostra storia, possa sperimentare lo stupore di essere visitata dal Signore, trasfigurata in luce, ardere come un segno”.
d.L.V.
Silere non possum