Diocesi di Spoleto - Norcia

Norcia – Venerdì 31 ottobre 2025, a nove anni dal sisma che devastò il cuore dell’Umbria, la Basilica di San Benedetto è tornata a essere casa di preghiera e segno di speranza. Nella piazza che porta il nome del Patrono d’Europa, la comunità nursina si è raccolta per la solenne celebrazione di dedicazione presieduta da S.E.R. Mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, alla presenza di numerosi arcivescovi, vescovi e abati, oltre alle autorità civili e militari e a una folla di fedeli giunti da tutta Italia. Numerosi i presbiteri, i religiosi e le religiose presenti che hanno preso parte alla celebrazione.

L’Arcivescovo, dopo il segno di croce, ha benedetto l’acqua, con la quale ha poi asperso il clero, Popolo di Dio, la Basilica e l’Altare. In quel gesto si rinnova il mistero del Battesimo: è Cristo la sorgente che purifica e rigenera, e la Chiesa il corpo vivo che nasce da quell’acqua. L’aspersione del popolo precede quella dell’altare, perché il vero tempio di Dio sono i fedeli: l’edificio di pietra riceve la santità dalla comunità orante. Successivamente è stata proclamata la Parola di Dio dal nuovo ambone, prima forma di consacrazione dello spazio: in essa Cristo, Parola fatta carne, parla al suo popolo e lo edifica come tempio spirituale. L’ascolto trasforma l’assemblea in pietre vive, chiamate a custodire la fede e a offrirla al mondo, perché la chiesa diventi davvero casa dell’ascolto, luogo in cui Dio raduna e plasma il suo popolo.

“Non basta la bellezza delle pietre se manca la bellezza del popolo”

Nell’omelia, Mons. Renato Boccardo ha aperto la sua riflessione con le parole del profeta Neemia: «Questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». Ha poi ricordato come, dopo “nove anni di esilio”, la città possa ora “ammirare la Basilica restituita al suo originario splendore”, segno di un popolo che non si arrende e di una Chiesa che “ha saputo ricostruire con amore e sapienza architettonica”.

Ma l’Arcivescovo ha subito aggiunto una precisazione decisiva: «Uno splendido edificio non è però sufficiente per farne la casa di Dio tra le case degli uomini». La vera ricostruzione, ha spiegato, non si misura soltanto con la pietra, ma con la fede viva di una comunità che “vive appassionatamente la ricerca sincera di ciò che è vero, buono e giusto”.

Riprendendo i temi della Lettera pastorale consegnata oggi alla Chiesa di Spoleto-Norcia, Boccardo ha ricordato che «la riapertura della Basilica non è semplicemente un’operazione architettonica importante e ardita o un intervento di recupero del patrimonio artistico; è un atto di risurrezione civile e spirituale». Le macerie non hanno l’ultima parola, scrive il presule, perché ogni pietra risollevata diventa «segno che la comunità è capace di riconoscere un bene comune e di operare insieme per restituirlo alla vita».

Il vero tempio, ha aggiunto, non è quello fatto di travi e volte, ma quello edificato nella quotidianità: «La lectio divina deve diventare parte viva della proposta pastorale, perché la lettura orante e la meditazione della Parola di Dio plasmi le coscienze e orienti le decisioni». È questa la pietra viva che, più delle altre, sorregge la Basilica spirituale della Chiesa di Norcia.

“Solo chi si lascia trasformare interiormente può trasformare il mondo”

Nell'omelia del solenne pontificale, commentando il Vangelo di Zaccheo, Mons. Boccardo ha invitato i fedeli a riscoprire il centro della vita cristiana: «Se l’uomo accoglie Dio, se permette che Cristo viva nel suo cuore, sarà capace anche di liberarsi delle proprie schiavitù e di vivere una vita che genera vita».

In queste parole il presule ha letto anche la storia di San Benedetto, che “ha brillato per virtù in un tempo di rovina” e che, come ricordava san Gregorio Magno, ha saputo dare forma a un’umanità nuova nel caos delle invasioni barbariche. Da qui il richiamo forte all’Europa contemporanea, che oggi porta “le cicatrici di ferite ideologiche e morali”, segnata da relativismo, individualismo e perdita di memoria.

«Il ritorno a Benedetto - ha ammonito - non è un gesto di nostalgia, ma un atto di profezia». Il santo di Norcia rimane “maestro di pace e di civiltà”, capace di mostrare che “l’unità non si edifica annullando ciò che siamo, ma radicandoci in ciò che ci unisce”.

L’appello all’Europa: “Ritrovare un’anima comune”

Mons. Boccardo ha allargato lo sguardo oltre Norcia, denunciando con lucidità le fragilità politiche e morali del Vecchio Continente: governi instabili, populismo, perdita di fiducia, guerre che bussano alle porte. «Senza un’anima, l’Europa rischia di ridursi a un’aggregazione funzionale di interessi economici e tecnici, priva di coesione profonda». E ha indicato la via benedettina come bussola: un equilibrio tra preghiera e lavoro, ragione e fede, cuore e mani, per edificare una “casa comune” fondata sulla dignità della persona, la solidarietà tra i popoli e la ricerca del vero e del bene.

La conclusione dell’omelia è diventata una preghiera collettiva: «Custodire senza proporre è immobilismo; proporre senza custodire è perdita di radici. La memoria non è guardare indietro con nostalgia, ma custodire il fuoco per accendere il futuro».

Luce, profumo e sacrificio

Dopo l’omelia, l’assemblea ha elevato il canto delle Litanie dei Santi, mentre l’Arcivescovo invitava a unirsi alla preghiera della Chiesa celeste: «Fratelli e sorelle carissimi, supplichiamo Dio Padre onnipotente, che ha fatto del cuore dei fedeli il suo tempio spirituale». In quel momento, la comunione tra la Chiesa pellegrina e quella gloriosa è divenuta palpabile: i nomi dei santi risuonavano come un coro di intercessione, memoria viva di coloro che hanno portato a compimento l’offerta della vita.

Subito dopo, l’Arcivescovo ha pronunciato la preghiera di dedicazione, consacrando l’altare e l’edificio al Signore: «O Dio, che reggi e santifichi la tua Chiesa, accogli il nostro canto in questo giorno di festa; oggi con solenne rito il popolo fedele dedica a te per sempre questa casa di preghiera». L’unzione con il sacro crisma ha trasformato l’altare in immagine di Cristo, l’Unto del Padre, e l’intera chiesa in segno visibile del suo corpo.

L’incensazione dell’altare ha quindi elevato al cielo il profumo della preghiera: «Salga a te, Signore, l’incenso della nostra preghiera; come il profumo riempie questo tempio, così la tua Chiesa spanda nel mondo la soave fragranza di Cristo». Poco dopo, l’altare è stato rivestito con la tovaglia, ornato di fiori e di candele, mentre le luci si accendevano e l’Arcivescovo proclamava: «Risplenda nella Chiesa la luce di Cristo e giunga a tutti i popoli la pienezza della verità». La basilica, inondata di luce, si è fatta simbolo della Chiesa che riflette la gloria del suo Signore.

La celebrazione è culminata nella liturgia eucaristica, cuore della dedicazione. L’altare consacrato è divenuto mensa di comunione, dove Cristo si dona al suo popolo. Le parole del prefazio hanno svelato il senso profondo dell’intera celebrazione: «Tu hai creato l’universo come tempio della tua gloria… Qui è adombrato il mistero del vero tempio e prefigurata l’immagine della celeste Gerusalemme». Così, nel sacrificio eucaristico, tutto ha trovato compimento: la Chiesa, edificata come casa di Dio, si è riconosciuta “una, santa, cattolica e apostolica”, anticipazione dell’altare eterno della Gerusalemme celeste.

Il messaggio di Leone XIV: “Segno visibile di rinascita spirituale”

A rendere ancora più significativo l’evento, Papa Leone XIV ha voluto essere spiritualmente vicino alla comunità di Norcia con un messaggio firmato dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato. Nel testo, letto al termine della Santa Messa dal cancelliere dell'Arcidiocesi, il Santo Padre ha espresso “vivo compiacimento” a quanti hanno reso possibile la ricostruzione della Basilica, “con tenacia e ammirevole impegno”.

Ha definito il tempio restaurato “segno visibile dell’impegnativo cammino di rinascita religiosa compiuto in questi anni dall’intera comunità diocesana”, e ha auspicato che l’evento “ravvivi la fede del popolo cristiano”. Infine, Leone XIV ha impartito la Benedizione Apostolica, invocando “copiosi doni celesti” sull’arcivescovo Boccardo, sulle autorità e su tutti i presenti.

La Basilica restituita alla vita

Questa sera rimarrà impressa nella memoria di Norcia come il giorno in cui la pietra è tornata a farsi parola viva. Non solo simbolo di ricostruzione, ma segno di una cultura che custodisce e genera, come ricorda Mons. Boccardo nella Lettera pastorale: «La cultura non è un lusso per pochi, ma una missione viva: custodire per generare, conservare per far crescere, difendere la memoria per orientare il futuro».

Così, tra le mura risorte della Basilica, Norcia ha riascoltato l’eco di questa vocazione: essere scuola di umanità, luogo in cui la fede illumina la ragione e la ragione serve la fede. È questo il compito che il suo pastore affida alla comunità: non fermarsi a contemplare le pietre, ma farle parlare, perché «la memoria non è guardare indietro con nostalgia, ma custodire il fuoco per accendere il futuro».

M.P.
Silere non possum