Diocesi di Roma

Negli ultimi anni, il clima all’interno del Vicariato della Diocesi di Roma si è fatto sempre più teso. “Cambiare le pedine e mantenere lo stesso sistema amorale non serve”, commenta un prelato all’interno del Palazzo Lateranense. A far discutere sono alcune nomine e dinamiche interne che, purtroppo, sembrano andare in direzione opposta rispetto alla trasparenza e al buon governo tanto sbandierati. Eppure, Francesco — che in un recente incontro a porte chiuse con il clero romano ha ammesso apertamente la presenza di corruzione all’interno del Vicariato, come denunciato da Silere non possum — continua ad affidare ruoli chiave a personaggi controversi e, secondo molti, incapaci.

Uno dei nomi che ha fatto irrigidire il clero romano nel 2023 è stato quello di Mons. Michele Di Tolve, nominato vescovo ausiliare della Diocesi di Roma e attualmente Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore. Una figura mal vista perché: “c’era bisogno di andare a prendere un prete milanese? Non abbiamo nessuno a Roma capace di guidare il seminario e formare i futuri preti?”, spiega un parroco dell'Urbe. La questione assume contorni ancora più gravi se si ripercorre il passato di questo prete come Rettore del Seminario Arcivescovile di Milano, incarico ricoperto dal 2014 al 2020, fino alla sua rimozione da parte dell’Arcivescovo Mario Delpini. Una scelta tutt’altro che immotivata: Delpini aveva ben compreso le conseguenze di una gestione improntata a un controllo rigido e opprimente, che aveva trasformato il seminario di Venegono in un luogo segnato da video sorveglianza costante e clima di sospetto, più simile a un apparato della Gestapo che a un contesto di serena formazione sacerdotale.

Eppure, questa impostazione “dura” pare applicarsi solo agli altri, proprio come avviene solitamente per coloro che sono “bacchettoni”. Michele Di Tolve dimostra di non applicare a sé stesso quella stessa austerità che pretende dai suoi seminaristi. Emblematico il caso della telefonata con il Santo Padre, durante la quale ha permesso che l’intera platea dei giovani del Grest ascoltasse una conversazione privata, esponendo così Papa Francesco a critiche inevitabili. In quell’occasione, il Pontefice menzionava persino bonifici disposti in favore di persone indicate da Di Tolve, con un tono che lasciava intendere quanto il Papa fosse avvezzo a queste pratiche.

Non sono mancati, inoltre, episodi di goffaggine e autoreferenzialità. Emblematico il caso in cui Mons. Di Tolve ha citato parole di Gesù attribuendole erroneamente a San Paolo - un errore che ha fatto il giro delle canoniche romane e della penisola scatenando l’ilarità di tutti - oppure la sua abitudine di firmarsi con errori ed un’eccessiva enfasi sui titoli: “+ Michele Mons. Di Tolve”, con tanto di elenco di incarichi che sembrano più una collezione di figurine panini.

Ogni scarrafone è bello a mamma soja

A quasi due anni dal suo arrivo a Roma, Di Tolve ha avanzato una richiesta che non è passata inosservata: ottenere per uso familiare un appartamento riservato al Vicegerente della Diocesi e predisposto per il cardinale titolare di Santa Maria degli Angeli — attualmente il carmelitano Anders Arborelius, prossimo al pensionamento. La proposta ha fatto sollevare più di un sopracciglio tra cardinali e vescovi all’interno delle mura leonine. “Lì dentro deve andare la mamma dell’amico della cugina”, spiega un monsignore visibilmente scocciato riferendosi alle parole del Pontefice che aveva raccontato il Papa durante l'udienza concessa ai fedeli delle parrocchie di Rho (ad insaputa dell'Arcivescovo. sic!). 

All’interno delle sacre mura, però, un giovane cardinale afferma: “Dove sono finite le lettere contro gli appartamenti dei porporati? Le invettive contro la gestione familiare di questo stato? Sembra che quando il Gatto è convalescente, i topi ballano”. In effetti, il Papa aveva firmato un Rescriptum il 13 febbraio 2023 con il quale stabiliva: l’abrogazione di tutte le disposizioni, da chiunque ed in qualunque tempo emanate, che consentano o dispongano il godimento ai Cardinali, Capi Dicastero, Presidenti, Segretari, Sotto Segretari, Dirigenti ed equiparati, ivi inclusi gli Uditori, ed equiparati, del Tribunale della Rota Romana, degli immobili di proprietà delle Istituzioni Curiali e degli Enti che fanno riferimento alla Santa Sede inclusi nella lista allegata allo Statuto del Consiglio per l’Economia, comprese le Domus, gratuitamente o a condizioni di particolare favore”. 

Inoltre, da mesi il Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma sta facendo un vero e proprio mobbing psicologico ai presbiteri romani con letterine (in fondo all'articolo è possibile leggerle) dove chiede di dare soldi “al Fondo Diocesano "Don Roberto Sardelli" per promuovere il cohousing sociale delle persone fragili, l'accoglienza diffusa che viene svolta nelle nostre comunità per le famiglie in difficoltà, la nuova struttura di "condominio solidale" che nascerà nella ex Casa del clero di via Vergerio”.

Con la sfrontatezza tipica di chi agisce con il portafogli altrui, Reina scriveva: “Pertanto, vi invito a contribuire con una mensilità del sostentamento economico che riceviamo, oppure con una parte di esso, sempre con libertà di scelta, in base a quanto ciascuno di voi desidera donare”. E aggiunge: “Il Santo Padre ha già compiuto un primo gesto di sostegno al Fondo, donando 1.000.000 di euro per trasformare l'ex casa del Clero di Via Vergerio in 20 appartamenti destinati a quelle famiglie che da troppo tempo aspettano una casa”. Peccato che Reina dimentichi come il milione donato da Francesco non sia frutto della mensilità del sostentamento economico che riceviamo” ma delle ingenti somme di denaro che portano i vari “ospiti” di Santa Marta che entrano ed escono fra un bacia mano ed un altro.

Detto questo, c’è da chiedersi: è questo che fa il Fondo della diocesi? Dare le case del Vicariato ai parenti dei vescovi ausiliari? Non è sufficiente un intero seminario – peraltro con stanze ormai sempre più vuote a motivo di una governance di questa diocesi che grida vendetta al cospetto di Dio – per poter ospitare Di Tolve e i suoi desiderata? Gli appartamenti riservati ai vescovi ora devono andare alla mamma del Rettore del Seminario? 

Il quadro che emerge è quello di un Vicariato in affanno, ostaggio di ambizioni personali, goffaggine e decisioni imbarazzanti, dove anche le migliori intenzioni papali sembrano naufragare a motivo delle scelte dei collaboratori di Francesco. E mentre il popolo di Dio chiede un ritorno a Dio e coerenza, qualcuno fa tanti “discorsi sinodali” ma poi gestisce le case “motu proprio” all’insaputa anche del Pontefice che è convalescente.

Certo, è vero che “Ogni scarrafone è bello 'a mamma soja” ma se questo è il livello di credibilità di questi personaggi, è inutile istituire Fondi per le donazioni, perché la gente giustamente non darà più nemmeno un euro.

p.G.A.
Silere non possum