Città del Vaticano - È stato reso pubblico il rapporto 2024 sull’Obolo di San Pietro, il fondo destinato a sostenere la missione del Papa e le opere di carità nel mondo. Uno strumento fondamentale per l’opera del Successore di Pietro. Nel documento si registra una crescita significativa delle entrate, un netto calo delle uscite e una minore incidenza del fondo nel sostenere le attività della Santa Sede.
Nel report si evince anche un ridimensionamento degli interventi istituzionali e l’aumento del peso relativo dei donatori privati.
Crescono le donazioni: +5,9 milioni in un anno
Nel 2024 l’Obolo ha raccolto 54,3 milioni di euro, quasi 6 milioni in più rispetto al 2023. A trainare la crescita sono stati i donatori privati (8,9 milioni nel 2024, contro i 2,1 del 2023), mentre le donazioni delle diocesi si mantengono stabili (31,8 milioni nel 2024, 31,2 nel 2023).
Sorprende il balzo in avanti della Francia (da 1 milione a 8 milioni), mentre calano Italia e Brasile, e rimane pressoché invariato il contributo degli Stati Uniti, storicamente il principale donatore nonostante gli anni del pontificato di Francesco, il quale ha sempre attaccato sia l’episcopato che i cattolici USA.
Uscite in calo: ma cosa si è tagliato?
Le uscite totali sono passate da 109,4 milioni nel 2023 a 75,4 milioni nel 2024, una riduzione di oltre 34 milioni di euro. Il taglio più consistente riguarda i fondi destinati alla Santa Sede per il sostegno alla sua missione apostolica, passati da 90 milioni a 61,2 milioni (−28,8 milioni). Un dato che dovrebbe far riflettere.
Gli oneri finanziari, invece, sono stati quasi azzerati: da 6,4 milioni nel 2023 a 0,9 nel 2024.
Meno prelievi dal patrimonio: segno di stabilità?
Altro elemento positivo: per coprire le uscite, nel 2024 sono stati prelevati solo 16,5 milioni dal patrimonio dell’Obolo, contro i 51 milioni del 2023. Questo dato sembra confermare che il bilancio si è avvicinato a una maggiore autosufficienza finanziaria, senza intaccare eccessivamente le riserve.
I progetti di carità non calano: 239 iniziative nel mondo
La spesa per i progetti caritativi diretti è rimasta stabile, passando da 13 a 13,3 milioni (+0,3), e il numero di progetti è persino aumentato: 239 nel 2024 contro 236 nel 2023. L’Africa resta il primo continente destinatario (43% dei fondi), seguita da Europa e Asia.
Va tuttavia segnalato che il contributo alla carità rappresenta solo una parte del totale: su oltre 367 milioni di spesa complessiva della Santa Sede nel 2024, l’Obolo ha coperto solo il 17%, mentre nel 2023 la quota era del 24%. Un calo che potrebbe indicare due cose: minore capacità del fondo di incidere sulle finanze vaticane, o un volontario riposizionamento verso progetti più simbolici e meno strutturali.
La missione del Papa
Se è vero che l’Obolo nasce per sostenere la missione del Papa, non è secondario notare che il suo impatto nel 2024 è stato più circoscritto e mirato. Si sono privilegiati progetti caritativi locali, forse più visibili mediaticamente, mentre si sono ridotti i contributi all’evangelizzazione globale e all’apparato istituzionale della Chiesa.
Questo è in linea con le direttive di Papa Francesco che puntavano più sull’immagine che sulla sostanza.
I dati del 2024 rappresentano un segnale positivo di ripresa. Il fatto che siano aumentate le donazioni, soprattutto da privati, è confortante. Ma che si sia ridotto l’impatto dell’Obolo sulla vita concreta della Santa Sede merita una riflessione aperta, franca e ecclesialmente matura.
Una vera trasparenza – non soltanto numerica, ma anche narrativa e pastorale – rappresenta la chiave per ricostruire la fiducia in uno strumento essenziale per l’unità e la missione della Chiesa universale. Da questo punto di vista, il Pontificato di Papa Leone XIV apre prospettive incoraggianti. Prevost ha infatti dimostrato di avere a cuore che le risorse della Santa Sede siano impiegate in modo trasparente e obiettivo, orientate a progetti realmente necessari e non dettati da esigenze mediatiche o pressioni esterne. In tal senso risuonano con particolare forza le parole pronunciate da Leone XIV alla Curia Romana: «I Papi passano, la Curia rimane. Questo vale in ogni Chiesa particolare, per le Curie vescovili. E vale anche per la Curia del Vescovo di Roma. La Curia è l’istituzione che custodisce e trasmette la memoria storica di una Chiesa, del ministero dei suoi Vescovi. Questo è molto importante. La memoria è un elemento essenziale in un organismo vivente. Non è solo rivolta al passato, ma nutre il presente e orienta al futuro. Senza memoria il cammino si smarrisce, perde il senso del percorso. Ecco, carissimi, questo è il primo pensiero che vorrei condividere con voi: lavorare nella Curia Romana significa contribuire a tenere viva la memoria della Sede Apostolica, nel senso vitale che ho appena accennato, così che il ministero del Papa possa attuarsi nel migliore dei modi. E per analogia questo si può dire anche dei servizi dello Stato della Città del Vaticano».
Papa Leone XIV, avendo personalmente sperimentato la responsabilità di guidare un Dicastero, conosce bene l’importanza delle risorse che giungono alla Santa Sede: esse sono vitali per consentire anche alla Curia Romana di svolgere il proprio ministero, che è anzitutto missionario, al servizio della Chiesa nel mondo. Inoltre, Leone XIV sembra ben orientato a riportare al centro la missione della Segreteria di Stato e ridarle anche la possibilità di avere le proprie risorse economiche, cosa che era stata modificata da Papa Francesco e aveva danneggiato gravemente la sua possibilità di azione.
E.R.
Silere non possum