«Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo»: con queste parole, passate alla storia, Sant’Agostino descrive la misteriosa e gravosa dignità del ministero sacerdotale. Una formula essenziale che racchiude tutto il peso e tutto l’amore di chi ha accettato di servire la Chiesa. Oggi, 43 anni dopo la sua ordinazione presbiterale, avvenuta il 19 giugno 1982 nella cappella romana di Santa Monica, Leone XIV continua a testimoniare quel "sì" detto con timore e obbedienza — come il suo padre spirituale, Agostino.
La resistenza del santo: un ministero accolto per obbedienza
Il sacerdozio, per Agostino, non fu una meta desiderata. Lo temeva. Cercò persino di evitarlo, come molti altri santi — Gregorio Magno, Ambrogio, Crisostomo — che amavano la vita contemplativa e temevano che l’attività pastorale potesse spegnere l’intimità con Dio. Eppure, Agostino accettò non per ambizione, ma per obbedienza al Signore. Servus Domino contradicere non debet: il servo non deve contraddire il Signore.
Ma accettò a modo suo, unendo ciò che fino a quel momento appariva inconciliabile: monachesimo e sacerdozio. Agostino volle restare monaco, anche da sacerdote. Anzi, fece del monastero il grembo della propria spiritualità sacerdotale, dando inizio a un modello nuovo e fecondo nella Chiesa: il sacerdote come pastore d’anime e fratello nella vita comune, povero, casto, dedito alla preghiera, allo studio e al servizio dei poveri.
Il modello di una Chiesa povera e fraterna
Nell’episcopio di Ippona, Agostino trasformò la residenza vescovile in un monastero per chierici, dove si viveva secondo lo stile degli Atti degli Apostoli: tutto era in comune, nulla era posseduto a titolo personale. L’autorità derivava dalla carità, mai dal potere. Lo stesso vescovo condivideva la mensa, l’abito, le fatiche. La sua era una povertà scelta, non per ideologia ma per evangelicità. «Non voglio ricevere nulla — diceva — che non possa dare a un fratello nel bisogno».
Il sacerdote, secondo Agostino, è colui che guida dal di dentro, non dall’alto. Non è un funzionario del sacro, ma un cristiano che si è fatto servo, pronto a rinunciare alla propria pace per le necessità della Chiesa. Nella Lettera a Eudosio, Agostino scrive: «Non anteponete la vostra pace alla necessità della Chiesa».
Leone XIV: 44 anni nello spirito di Ippona
Il ministero di Leone XIV — dalle sue origini religiose fino al pontificato — è impastato di questo spirito. Lo si vede nella sobrietà del suo stile, nella sua predilezione per i piccoli, nel suo magistero ricco di carità pastorale, ma anche nell’insistenza sulla vita comune, sulla corresponsabilità, sulla povertà evangelica. È un pastore che ha vissuto con i suoi e non al di sopra dei suoi.
Come Agostino, ha vissuto la tensione tra contemplazione e azione non come conflitto, ma come feconda integrazione. Come Agostino, ha creduto che solo un prete che è davvero fratello può essere padre. Come Agostino, ha compreso che la santità del sacerdote non si misura dal pulpito, ma dalla tavola comune, dalla sobrietà, dall’umiltà, dalla pazienza.

Per una Chiesa che si rinnova dal basso
Il vero rinnovamento della Chiesa, insegnava Agostino, non viene dalle strutture, ma dalla conversione dei cuori, a partire dai ministri. Per questo, nei monasteri fondati da lui, Agostino fece crescere generazioni di sacerdoti poveri, colti e casti, che furono mandati nelle diocesi africane come lievito nuovo. Fu così che rinacque la Chiesa africana, minacciata dallo scisma donatista.
Allo stesso modo, oggi Leone XIV — nel cuore di una Chiesa ferita da divisioni e crisi di identità — indica con discrezione la stessa via: non basta riformare le strutture, occorre riformare i cuori, a partire da una rinnovata coscienza sacerdotale.
Nel solco di Sant’Agostino, 43 anni di fedeltà e servizio
Celebrare quarantatré anni di sacerdozio non è solo rendere grazie per un cammino lungo e fedele, ma anche contemplare il mistero sempre nuovo del ministero ordinato. Il sacerdote non è mai un uomo “arrivato”: è un pellegrino tra i pellegrini, un uomo per gli altri, conformato a Cristo che non è venuto per essere servito, ma per servire.
Nel giorno in cui Leone XIV compie 43 anni di sacerdozio, il cuore della Chiesa guarda a lui con gratitudine e ammirazione, riconoscendo nel suo ministero una limpida trasparenza dello spirito di Sant’Agostino, al quale ha sempre voluto conformarsi. Come il Vescovo d’Ippona, Leone XIV è stato — e continua ad essere — un ricercatore appassionato della verità, della giustizia, della grazia. Le parole di Benedetto XVI, pronunciate per Agostino, sembrano scolpite anche nella sua storia: «Sant’Agostino è stato un ricercatore appassionato della verità: lo è stato fin dall’inizio e poi per tutta la sua vita».
Nella sua giovinezza segnata dallo studio, negli anni della missione e della guida dell'Ordine, nel servizio nascosto alla Chiesa e infine nella chiamata inaspettata al ministero petrino, Leone XIV ha sempre custodito un’attrazione profonda per Cristo. Come Agostino, ha udito nel cuore il tolle, lege che invita a leggere, discernere, obbedire. E come Agostino, ha saputo dire il suo fiat, lasciandosi convertire giorno dopo giorno dalla Parola viva.
Oggi, a quarantatré anni da quel 19 giugno 1982, il Papa continua a offrirsi alla Chiesa come uomo di Dio per il popolo di Dio, sapendo — con la saggezza dei santi — che il titolo più grande che si possa portare, anche sulla Cattedra di Pietro, è ancora e sempre quello: servus servorum Dei.
p.C.P.
Silere non possum