Istanbul/Iznik - Il secondo giorno del primo Viaggio Apostolico del Santo Padre Leone XIV entra nel suo momento centrale con un gesto simbolico e teologicamente denso a İznik, l’antica Nicea, nel 1700° anniversario del Concilio che definì l’identità ontologica del Figlio contro ogni riduzione di rango o di funzione.
Alle ore 14:15 (12.15 nello Stato della Città del Vaticano), il Papa ha lasciato la Delegazione Apostolica, a Istanbul, dove poco prima ha pranzato in forma privata. Il trasferimento verso l’Aeroporto Istanbul-Atatürk è avvenuto in auto; alle 15:15 il decollo in elicottero, che ha condotto il Pontefice a Iznik in circa 15 minuti, ha segnato il passaggio dalla dimensione diplomatica a quella ecumenica, direzione che definisce l’intero viaggio iniziato il 27 novembre, con tappe in Turchia e in Libano, fino al 2 dicembre.
Sulle orme del Concilio
L’atterraggio nell’area archeologica è avvenuto alle 15:30, con l’ingresso al Visitor Center adiacente agli scavi dell’antica Basilica di San Neofito. Ad accoglierlo, all’ingresso del centro visitatori, il Patriarca Ecumenico S.S. Bartolomeo I, con i capi delle Chiese cristiane d’Oriente e d’Occidente riuniti per un incontro comune di preghiera. Due bambini della comunità locale hanno offerto al Pontefice un mazzo di fiori, mentre il coro intonava un canto di apertura in rito orientale, sottolineando la dimensione liturgica del momento. I leader religiosi hanno quindi raggiunto la piattaforma allestita accanto agli scavi in processione. Disposti in semicerchio davanti alle icone di Cristo e dell’effigie del Concilio, il Papa e il Patriarca hanno acceso una candela, gesto simbolico che ha introdotto la preghiera ecumenica, la lettura evangelica e il discorso pronunciato da Leone.

Leone XIV: «Desiderio di piena comunione»
Il Papa ha esordito sottolineando che «in un tempo per molti aspetti drammatico, nel quale le persone sono sottoposte a innumerevoli minacce alla loro stessa dignità, il 1700° anniversario del Primo Concilio di Nicea è un’occasione preziosa per chiederci chi è Gesù Cristo nella vita delle donne e degli uomini di oggi, chi è per ciascuno di noi». L’ammonimento di Leone XIV ha immediatamente portato il discorso sul terreno del rischio contemporaneo dell’idealizzazione cristologica: «I cristiani, che rischiano di ridurre Gesù Cristo a una sorta di leader carismatico o di superuomo, un travisamento che alla fine porta alla tristezza e alla confusione». Una diagnosi che riecheggia la dinamica delle grandi eresie antiche: la tentazione di adornare Cristo di funzioni per non rispondere alla domanda sull’essere. Quando Cristo viene percepito come intermedio per ruolo, l’umano resta irrimediabilmente diviso; invece, confessarlo «della stessa sostanza del Padre» fonda la possibilità stessa di una fraternità reale, non meramente diplomatica.
Il Papa ha avanzato la domanda che attraversò il IV secolo e attraversa il nostro: «Ma se Dio non si è fatto uomo, come possono i mortali partecipare alla sua vita immortale?». E subito dopo ha ribadito la formula nicena come principio di incontro, non come muro identitario: «Negando la divinità di Cristo, Ario lo ridusse a un semplice intermediario tra Dio e gli esseri umani, ignorando la realtà dell’Incarnazione, cosicché il divino e l’umano rimasero irrimediabilmente separati». Il Papa ha quindi richiamato la dottrina dei Padri: la partecipazione dell’umano al divino non è metafora morale, ma possibilità reale che scaturisce da un Dio che condivide l’essere, non solo un’agenda: il richiamo implicito è alle parole di Atanasio nella sua De Incarnatione, dove la teologia non spiega Dio dall’alto, ma salva l’accesso dell’umano a Dio dal basso. Leone XIV ha quindi portato i presenti al riconoscimento del vincolo già presente tra i cristiani: «La fede “in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli […] della stessa sostanza del Padre” è un legame profondo che unisce già tutti i cristiani». La comunione, dunque, non come meta diplomatica, ma come origine sacramentale dell’incontro. Il Papa non ha eluso la dimensione sociale della fede: ha ricordato Nostra aetate 5 sottolineando che «Non sarebbe possibile invocare Dio come Padre se rifiutassimo di riconoscere come fratelli e sorelle gli altri uomini e donne, anch’essi creati a immagine di Dio». Leone ha chiuso il suo intervento con un appello universale, con accenti netti contro ogni strumentalizzazione religiosa del conflitto: «L’uso della religione per giustificare la guerra e la violenza, come ogni forma di fondamentalismo e di fanatismo, va respinto con forza, mentre le vie da seguire sono quelle dell’incontro fraterno, del dialogo e della collaborazione».
Al termine dell’incontro, i canti, le invocazioni, la recita corale del Padre Nostro e la benedizione hanno preceduto l’uscita dalla piattaforma. Il Santo Padre e il Patriarca, seguiti dai leader religiosi, hanno quindi fatto ritorno al Visitor Center in processione. Il fitto programma, però, continua. Leone XIV si è trasferito in auto all’eliporto di Iznik per tornare alla Delegazione apostolica dove incontra in privato con i Vescovi della Turchia
d.D.R.
Silere non possum