Città del Vaticano – Accogliendo l’invito del Capo di Stato e delle Autorità ecclesiastiche del Paese, Papa Leone XIVcompirà il suo primo Viaggio Apostolico in Türkiye dal 27 al 30 novembre 2025, recandosi in pellegrinaggio a İznik, l’antica Nicea, in occasione del 1700° anniversario del Primo Concilio di Nicea (325 d.C.). Successivamente, rispondendo all’invito del Capo di Stato e delle Autorità ecclesiastiche del Libano, il Santo Padre visiterà il Paese dei Cedri dal 30 novembre al 2 dicembre.
Il programma dettagliato del viaggio sarà reso noto a suo tempo, ma già la scelta delle mete rivela una profonda valenza teologica e simbolica: un itinerario che intreccia la memoria delle origini della fede con l’urgenza di rinnovare il dialogo e la speranza in due terre che, per ragioni diverse, restano al cuore della storia cristiana e del mondo contemporaneo.
İznik, la culla della fede
Nicea – oggi İznik, sulle sponde placide di un lago della provincia di Bursa – è un luogo in cui la storia della Chiesa si è fusa con la storia del mondo. Nel 325 d.C., l’imperatore Costantino convocò qui il primo concilio ecumenico della cristianità, che avrebbe definito il Simbolo niceno, proclamando la divinità del Figlio, “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero”. Quel concilio segnò l’unità della fede e la nascita di un linguaggio comune per esprimere il mistero di Cristo. Tornare a İznik, 1700 anni dopo, non è dunque un semplice omaggio storico, ma un atto di memoria viva. Leone XIV, teologo attento alle radici e ai simboli, sembra voler dire che la Chiesa non può comprendere sé stessa se non tornando a ciò che la fonda: la comunione nella verità.
In un tempo segnato da polarizzazioni, da scismi sottili e da nuove idolatrie — economiche, ideologiche, liturgiche e tecnologiche — il ritorno a Nicea appare come un invito a ritrovare la “unità nella diversità”, la capacità di confessare insieme il Credo che continua a essere pronunciato in ogni Santa Messa, in ogni lingua e continente.
Il Libano, “messaggio” di convivenza
Dal lago di Nicea, luogo di unione dottrinale, Leone XIV si muoverà verso un Paese che da secoli rappresenta una unità vissuta nella differenza: il Libano. La visita del Papa, che si svolgerà dal 30 novembre al 2 dicembre, è già considerata da molti come un gesto di speranza per una nazione ferita, ma ancora capace di custodire un messaggio universale di convivenza. La Chiesa cattolica in Libano, radicata nella tradizione maronita, ma arricchita anche da melchiti, siro-cattolici, armeni cattolici, caldei e latini, costituisce un mosaico di riti e identità che testimoniano la ricchezza del cattolicesimo orientale. In nessun altro Paese del Medio Oriente la presenza cristiana ha mantenuto una tale vitalità, tanto da essere parte costitutiva del tessuto politico e sociale. Eppure, oggi, questo equilibrio è minacciato da crisi economiche, instabilità politica e da un esodo che svuota lentamente le comunità cristiane. In questo contesto, la visita di Leone XIV può assumere il valore di un pellegrinaggio di consolazione e di rinascita: non solo verso un popolo, ma verso una idea di Chiesa che continua a essere ponte tra Oriente e Occidente, tra l’umano e il divino, tra la croce e la speranza. Non a caso, san Giovanni Paolo II definì il Libano «più di un Paese: un messaggio». Leone XIV sembra raccogliere quella eredità, consapevole che la fede non sopravvive se resta isolata. Essa respira solo quando si fa dialogo, incontro, “concilio” nel senso più profondo del termine.
Un viaggio che unisce dottrina e compassione, memoria e profezia: da Nicea al Libano, Leone XIV inaugura così un pontificato che guarda alle radici per costruire futuro, riportando la Chiesa là dove tutto ebbe inizio — per ricordare che ogni concilio, ogni missione e ogni viaggio apostolico sono, in fondo, un unico pellegrinaggio verso l’unità.
F.A.
Silere non possum