Città del Vaticano - Questa mattina, nella Sala del Concistoro, Papa Leone XIV ha incontrato tre realtà significative della vita consacrata: il Terz’Ordine Regolare di San Francesco, la Società delle Missioni Africane e l’Istituto dei Servi del Paraclito. Le parole pronunciate dal Pontefice sono state semplici ma profonde, capaci di unire la sapienza della Chiesa con la concretezza della vita. Un discorso spirituale e affettuosamente paterno, e che ha offerto una chiave di lettura luminosa per comprendere la bellezza e la verità della consacrazione religiosa nella Chiesa di oggi.
Il Papa ha accolto i presenti con un saluto familiare, rivolgendosi con naturalezza ai superiori generali — alcuni appena eletti — e chiedendo con un sorriso chi fosse il nuovo generale dei francescani, segno di una vicinanza umana che è cifra costante del suo stile. Ma poi il tono si è fatto più raccolto e profondo, quasi da meditazione. Il Santo Padre ha ricordato che molti dei presenti si trovano a Roma per il Capitolo Generale, un momento decisivo per il discernimento delle comunità religiose. E proprio da questo è partito il suo discorso: un invito a rimettere Dio al centro, a unire la contemplazione e l’azione, secondo il cuore del Concilio Vaticano II.
Tre le realtà rappresentate, molto diverse per origine e storia, ma unite nella “bellezza armonica del Corpo mistico di Cristo”, come ha detto il Papa. Ai francescani del Terzo Ordine Regolare, la cui origine risale addirittura a San Francesco stesso, Leone XIV ha ricordato l’importanza del loro carisma penitenziale. Parlando del loro Capitolo, che verte sui temi della vita comune, della formazione e delle vocazioni, il Papa ha insistito sul fatto che queste dimensioni fondamentali della vita religiosa devono essere vissute alla luce della conversione permanente. Solo chi cammina in umiltà, come insegnava San Francesco, può davvero portare ai fratelli “le fragranti parole del Signore nostro Gesù Cristo”. Non si tratta dunque di strategie organizzative o di tecniche pastorali, ma di una profonda vita interiore che si rinnova nella penitenza e nell’amore fraterno.
Rivolgendosi poi ai membri della Società delle Missioni Africane, Leone XIV ha evocato la figura del loro fondatore, il Venerabile Melchior de Marion Brésillac, e ha lodato lo spirito missionario che ha animato la loro opera fin dalle origini. Ha sottolineato come la loro fedeltà alla missione li abbia portati a superare molte difficoltà, trovando nella croce e nelle sfide l’occasione per nuove partenze apostoliche. Il Papa ha parlato della necessità di restare semplici, liberi da ogni condizionamento, ripieni di Cristo: solo così si può essere capaci di annunciare il Vangelo con franchezza e gioia. È stato un momento intenso, quasi una consegna spirituale: restare umili, non temere le incomprensioni, e abbracciare quella che San Paolo chiama la “follia della Croce”.
Infine, ha rivolto parole cariche di gratitudine e rispetto ai Servi del Paraclito, la più giovane delle tre congregazioni presenti. Nati per accompagnare sacerdoti in difficoltà, questi religiosi svolgono in silenzio un ministero delicato e prezioso. Leone XIV ha ricordato che, come scriveva Sant’Agostino, anche chi è chiamato a guarire è a sua volta ferito. E per questo ha ribadito che tutti, nella Chiesa, devono imparare a perdonare, a creare spazi di misericordia dove chiunque possa sentirsi accolto e risanato. Le parole del Papa sono state molto toccanti: ha parlato di “fenditure” che tutti portiamo nella nostra fragile umanità, e della necessità di lasciare che lo Spirito Santo – come canta la Sequenza di Pentecoste – guarisca ciò che è ferito.
Nel concludere l’incontro, Leone XIV ha ringraziato i presenti per il lavoro che svolgono in tutto il mondo e ha benedetto il loro cammino, invocando su di loro lo Spirito Santo in questa novena che prepara alla Pentecoste. Ha definito la loro presenza un segno della Chiesa nella sua forma più bella: fatta di conversione, missione e misericordia. Le parole di Papa Leone riportano l'attenzione sulla vita religiosa, sulla vita consacrata, quale chiamata speciale da parte del Signore. Negli ultimi anni, troppo spesso, ci si è dimenticati di questi uomini e donne che hanno donato tutta la loro vita per il Signore e lo fanno nell'umiltà e nel nascondimento.
In un’epoca in cui la vita consacrata è spesso fraintesa, banalizzata o addirittura ignorata, le parole del Papa restituiscono ad essa la sua verità più profonda: essere, nella Chiesa e per il mondo, uno spazio in cui Dio può agire liberamente. Un luogo di guarigione, di annuncio, di rinnovamento interiore. Un segno che, anche nella debolezza, lo Spirito non smette di soffiare.
f.R.E.
Silere non possum
