Sabato 4 maggio 2024 nel Duomo di Milano l'Arcivescovo Mario Delpini ha presieduto il rito dell'ordinazione episcopale di Mons. Flavio Pace, nominato da Papa Francesco arcivescovo segretario del Dicastero per la promozione dell'Unità dei Cristiani.
Accanto a Mons. Delpini i cardinali Leonardo Sandri, prefetto emerito del Dicastero per le Chiese orientali e Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani. Alla celebrazione hanno preso parte, fra gli altri, anche S.E.R. il Sig. Cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente emerito del Pontificio consiglio per i testi legislativi; S.E.R. il Sig. Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali; S.E.R. Mons. Andrés Gabriel Ferrada Moreira, segretario del Dicastero per il clero; S.E.R. Mons. Cesare Pagazzi, segretario della sezione per l'educazione del Dicastero per la Cultura e l'Educazione. Presenti anche alcuni presuli di origine lombarda che svolgono il loro ministero fuori dalla Regione Ecclesiastica: S.E.R. Mons. Michele Di Tolve, vescovo ausiliare di Roma e rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore; S.E.R. Mons. Roberto Campiotti, vescovo di Volterra e S.E.R. Mons. Egidio Miragoli, vescovo di Mondovì. Diversi sacerdoti della Custodia di Terra Santa hanno voluto accompagnare Mons. Pace, guidati dal Rev.do P. Francesco Patton OFM.
«Don Flavio ha scelto come suo motto episcopale: non la proclamazione di una verità, non la dichiarazione di una intenzione ma una invocazione, una preghiera. Forse con questa scelta Don Flavio esprime il proposito di essere un uomo fatto preghiera perciò si potrebbe concludere va bene per essere Vescovo» ha sottolineato l'Arcivescovo Mario Delpini che ha incentrato la sua omelia sulla necessità di "uomini fatti preghiera". «Sì - ha continuato - è doveroso che il vescovo eserciti il suo ministero come un "vigilare", una specie di sorveglianza perché sia osservata la legge, perché sia custodita la tradizione, perché sia praticata la disciplina ma tutto rischia di essere noioso se non addirittura inerte. Perciò si cercano uomini fatti preghiera perché lo spasimo dell’unità tra i discepoli di Gesù e l’invocazione della pace tra gli uomini sia come un fuoco che divora, come una sapienza che orienta».
«Si cercano uomini fatti preghiera per promuovere il dialogo desiderabile tra le confessioni cristiane - ha evidenziato il presule facendo riferimento agli incarichi a cui è stato chiamato il neo arcivescovo. Sì, è necessario coltivare la memoria ma i ricordi possono anche alimentare risentimenti. I ricordi possono rendere impossibile il perdono e il male compiuto può diventare un cruccio così tormentoso da indurre a perdere fiducia nell’umanità e a dichiarare irragionevole la speranza».
Lo stemma
Nello stemma troviamo anzitutto il simbolo della roccia: essa evoca la Roccia che è Cristo, la pietra che i costruttori hanno scartato ma è diventata pietra d’angolo, dalla quale è sgorgata l’acqua della salvezza, preannunciata in figura nell’Esodo quando Mosè fece scaturire una sorgente battendo la roccia. Stretti a Cristo, i credenti diventano pietre vive per costruire un edificio secondo lo Spirito.
Al centro sta la civetta nimbata: il simbolo classico della sapienza ha trovato accoglienza nella riflessione cristiana leggendo in esso un riferimento a Cristo. Egli infatti nella notte della Passione ha vegliato “sono come la civetta del deserto... resto a vegliare” (Sal 102); la civetta può vedere nella notte più buia perché i suoi occhi possiedono una forza luminosa che dissolve per lei le tenebre.
Nella notte oscura, Cristo ha continuato a vedere abbandonandosi al Padre il quale ha risposto il mattino di Pasqua, facendo trionfare la Vita: per questo nel preconio della tradizione romana si canta et nox sicut dies illuminabitur, facendo eco al salmo 139 “per te la notte è chiara come il giorno”. Nelle tenebre di oggi, per le violenze e le guerre, aggravate dalla divisione tra i cristiani, bisogna recuperare lo sguardo di Cristo per saper scorgere nuove strade di riconciliazione e comunione, simboleggiate dal ramo di ulivo che la civetta tiene salda e offre ai credenti: “vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 20); “Egli infatti è la nostra pace” (Ef 2, 14). Infine la luna, come è rappresentata nell’antico stemma del comune di Monza, città di origine del nuovo vescovo: oltre al riferimento geografico, essa evoca anche il mysterium lunae con il quale i Padri amavano definire la Chiesa, in particolare Sant’Ambrogio: “Veramente come la luna è la Chiesa: [...] rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo. Trae il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Exameron, IV, 8, 32). Infine il motto scelto dal neo vescovo, attinge all’inno di Sant’Ambrogio Deus creator omnium. Esso si conclude con la supplica rivolta alla Trinità che la traduzione italiana rende come Riscalda del tuo amore chi ti implora. L’espressione divenne cara a Santa Monica, che la ripeteva spesso al figlio Agostino, come egli stesso ricorda nel De Beata Vita. Il campo semantico in realtà dilata orizzonti ampi: fovere indica la protezione, il calore, che ha la sua radice nel “covare” perché l’uovo faccia schiudere la nuova vita. Tale immagine, in contesto semitico, pertanto più vicino alla sorgente biblica, ricorre nell’espressione della Genesi (Lo Spirito “cova” sulle acque...) e anche nella tradizione siriaca, dove la radice raḥeph (che traduce anche il latino fovere) indica nei testi, tra l’altro, l’agitare delle ali, sorvolare, ed anche covare riscaldare per dare la vita nuova, e il gesto con cui viene consacrato il nuovo vescovo. Il motto pertanto esprime anzitutto il desiderio di stare insieme dinanzi al mistero della Trinità d’amore elevando la supplica affinché sia esso a generare in noi ogni giorno la vita divina, per poter vivere in modo autentico il nostro essere fratelli e sorelle in Cristo.
Omelia di S.E.R. Mons. Mario Enrico Delpini
Si cercano uomini di preghiera, anzi uomini fatti preghiera. Uomini fatti preghiera cioè uomini che si azzardino a parlare con il Padre del Signore nostro Gesù Cristo con il timore e la trepidazione che lo Spirito mette nell’animo. Uomini fatti preghiera cioè uomini disponibili ad attraversare le asprezze del deserto nella percezione inconsolabile di solitudine, insieme il fremito commovente dell’intimità. Troppo grande il mistero di Dio. Si cercano uomini fatti preghiera cioè uomini che si lascino costantemente istruire da Gesù a proposito del dimorare del Padre, a proposito del compiere le opere del Padre, a proposito della consapevolezza di non sapere che cosa sia conveniente domandare. Perciò uomini che si affidino allo Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza. Si cercano uomini fatti preghiera cioè uomini che siano come l’argilla che non si sottrae alla maestria del Vasaio e si lascia plasmare, sempre, nella giovinezza, nella maturità e nella vecchiaia. Come se la Parola che chiama non fosse una memoria preistorica ma una confidenza quotidiana. Si cercano uomini fatti preghiera, cioè uomini inclini ad abitare il silenzio. Persino nelle sacrestie dove si preparano per le celebrazioni, persino prima di inseguire l’ultimo segnale del cellulare, persino vincendo la curiosità elementare e legittima di leggere l’ultimo aggiornamento. Si cercano uomini fatti preghiera cioè uomini così semplici e sapienti che pregando con le parole dei salmi sentano parole vive della voce, della fede dei secoli, della voce della fede di Gesù, della voce della fede dei santi. Uomini che siano anche poeti e cantori che sappiano pregare persino quando dicono il breviario. Sì, è irrinunciabile il dialogo, il confronto tra i discepoli ma le parole scambiate dai discepoli in cammino verso Emmaus sono parole che raccontano tristezze senza speranza. Una cronaca dei fatti che non sa cogliere la Verità; perciò, si cercano uomini fatti preghiera che vivano anche la riflessione e le considerazioni sulla cronaca in dialogo con il Viandante sconosciuto che sa scaldare il cuore. Si cercano uomini fatti preghiera per promuovere il dialogo desiderabile tra le confessioni cristiane. Sì, è necessario coltivare la memoria ma i ricordi possono anche alimentare risentimenti. I ricordi possono rendere impossibile il perdono e il male compiuto può diventare un cruccio così tormentoso da indurre a perdere fiducia nell’umanità e a dichiarare irragionevole la speranza. Perciò si cercano uomini fatti preghiera perché solo le confidenze di Gesù consentono di ricevere lo Spirito per il perdono dei peccati e la sapienza per l’interpretazione profetica della storia. Si cercano, perciò, uomini fatti preghiera per ripercorrere la storia della Chiesa, i suoi drammi e farne una memoria in cui germogli il futuro e la speranza, la riconciliazione e la pace. Sì, è provvidenziale questo nostro tempo per esplorare le vie della diplomazia, dei delicati equilibri per il rispetto delle tradizioni occidentali ed orientali, tardo antiche e moderne e sentire il dramma di non essere un popolo. Ma dove ci incammineremo? Quando riusciremo a essere popolo di Dio, stirpe eletta, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di Lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa? Perciò si cercano uomini fatti preghiera. Perché sia viva sempre la fiducia nelle promesse di Dio. Sì, è doveroso che il vescovo eserciti il suo ministero come un vigilare, una specie di sorveglianza perché sia osservata la legge, perché sia custodita la tradizione, perché sia praticata la disciplina ma tutto rischia di essere noioso se non addirittura inerte. Perciò si cercano uomini fatti preghiera perché lo spasimo dell’unità tra i discepoli di Gesù e l’invocazione della pace tra gli uomini sia come un fuoco che divora, come una sapienza che orienta. Don Flavio ha scelto come suo motto episcopale: non la proclamazione di una verità, non la dichiarazione di una intenzione ma una invocazione, una preghiera. Forse con questa scelta Don Flavio esprime il proposito di essere un uomo fatto preghiera perciò, si potrebbe concludere, va bene per essere Vescovo.
+ Mario Delpini