Città del Vaticano - La pubblicazione odierna del nuovo Regolamento Generale della Curia Romana è il compimento di un processo iniziato ben tre anni fa. Il 12 aprile 2022, con un Chirografo pubblicato poche settimane dopo la promulgazione della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, Papa Francesco riconosceva che il testo costituzionale richiedeva una revisione profonda dell’intero assetto regolamentare della Curia. Scriveva infatti che l’entrata in vigore della nuova Costituzione «esige anche che sia rivisto il Regolamento Generale della Curia Romana ora vigente», affinché corrispondesse non solo alle norme, ma ai principi ispiratori del nuovo assetto.
È in quel contesto che nasce la Commissione Interdicasteriale per la revisione del Regolamento Generale, presieduta da S.E.R. Mons. Filippo Iannone, al tempo prefetto del Dicastero per i Testi Legislativi, e composta da S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra, S.E.R. Mons. Nunzio Galantino, al tempo Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, S.E.R. Mons. Marco Mellino, in qualità di segretario della commissione, il Reverendo Juan Antonio Guerrero Alves, al tempo Prefetto della Segreteria per l’Economia, e Vincenzo Buonomo, al tempo Rettore della Pontificia Università Lateranense. Una Commissione creata per “rendere più sostenibili ed efficienti i rapporti di lavoro”, aggiornare le procedure interne e soprattutto fornire criteri per gli Ordines servandi, gli atti che definiscono in concreto il funzionamento quotidiano di ogni Istituzione curiale. Con l’approvazione di oggi da parte di Leone XIV, questa Commissione termina il suo mandato. Ma ciò che lascia alla Chiesa è un apparato regolamentare completamente rinnovato.
La separazione tra Regolamento Generale e Regolamento del Personale
Una delle innovazioni più rilevanti rispetto al precedente Regolamento riguarda la struttura generale della normativa. Per decenni, infatti, un unico testo racchiudeva sia le norme relative al funzionamento degli Enti della Curia, sia quelle riguardanti il personale, mescolando aspetti istituzionali, amministrativi e giuslavoristici. Il nuovo Regolamento, invece, introduce una distinzione netta: da una parte il Regolamento Generale, che disciplina la struttura, i procedimenti, le relazioni tra Enti e gli atti ufficiali della Curia; dall’altra il Regolamento del Personale, che si occupa in modo autonomo di assunzioni, progressioni, doveri, valutazioni ed etica.
Questa divisione non è formale ma sostanziale. La Curia diventa, in questo modo, un organismo amministrativo più leggibile, più razionale e soprattutto più conforme agli standard del diritto amministrativo moderno. L’intento dichiarato dal Chirografo del 2022 - rendere più efficiente e più sostenibile la gestione del lavoro nella Santa Sede - trova qui la sua concretizzazione.
L’apertura alle lingue moderne: una svolta culturale
Uno dei punti più significativi è il mutamento del regime linguistico. Il precedente Regolamento stabiliva che «i Dicasteri della Curia Romana redigeranno di regola i loro atti nella lingua latina», ammettendo l’uso di altre lingue solo “secondo le esigenze”. La lingua madre della Chiesa restava dunque la forma ordinaria della produzione documentale. Il nuovo Regolamento cambia radicalmente prospettiva: «Le Istituzioni curiali redigeranno di regola i loro atti nella lingua latina o in altra lingua.»
La differenza è evidente. L'italiano, l’inglese o il francese non sono più eccezioni funzionali, ma strumenti pienamente riconosciuti dell’attività amministrativa della Santa Sede. Non è un abbandono del latino, ma un ampliamento della sua cornice d’uso.

Protocollazione e diritto alla risposta: una tutela per i fedeli
Un’altra novità assoluta del nuovo Regolamento riguarda il rapporto tra la Curia e i fedeli. Tutte le richieste che giungono ai Dicasteri devono essere protocollate, assegnate a un responsabile e, soprattutto, devono ricevere una risposta. La formulazione è chiara e introduce un vero e proprio diritto per i fedeli: quello di non vedere cadere nel vuoto le proprie domande, istanze o richieste di chiarimento. Nel precedente Regolamento questa tutela semplicemente non era prevista. Per anni, la Curia Romana ha risposto solo a ciò che riteneva opportuno, mentre sulle questioni più delicate ha scelto il silenzio. Un silenzio che, in più di un’occasione, ha finito per diventare parte del problema: ha protetto dinamiche opache, alimentato pressioni indebite e favorito equilibri di potere poco trasparenti. Con la riforma, la Santa Sede recepisce uno dei principi cardine della buona amministrazione: la trasparenza procedurale. Ogni istanza entra in un circuito tracciabile, controllabile, verificabile.
Maggiore coordinamento e centralità della Segreteria di Stato
Il nuovo impianto regolamentare accentua anche la centralità della Segreteria di Stato. Gli Enti non agiscono più come monadi autosufficienti: devono condividere documenti, scambiare pareri, coinvolgere la Segreteria per le materie sensibili, trasmettere regolarmente relazioni periodiche e una relazione annuale. Sono questi i nodi che giustificano il perché il nuovo regolamento vede la luce soltanto oggi, tre anni e sette mesi dopo l’istituzione della commissione. È noto, infatti, che Francesco coltivava una visione profondamente diversa della Segreteria di Stato, e quel pregiudizio - forse più corretto definirlo avversione - ha generato non pochi problemi alla Santa Sede lungo i dodici anni del suo pontificato.
Il precedente Regolamento prevedeva forme di coordinamento solo episodiche o affidate alla prassi. Oggi questo coordinamento diventa un obbligo strutturale, con norme specifiche per: la co-firma degli atti che coinvolgono più Dicasteri; la gestione delle competenze multiple; la prevenzione dei conflitti tra Enti; la pubblicazione degli atti negli Acta Apostolicae Sedis e da parte della Sala Stampa; la trasmissione alla Segreteria di Stato di tutti gli atti destinati al Papa. La Curia diviene un organismo integrato, non una somma di reparti.
Una nuova amministrazione: motivazione, ricorsi, revisione degli atti
Il nuovo Regolamento introduce una serie di norme che prima erano del tutto assenti: gli atti amministrativi devono essere motivati, indicando la norma o il principio di diritto su cui si fondano; chi riceve un atto può presentare un ricorso amministrativo interno; gli Enti possono riesaminare i propri atti attraverso un procedimento di revisione; ogni decisione deve essere tracciata in un registro unico, ora anche digitale; la notifica degli atti, anche elettronica, diventa un elemento costitutivo della loro efficacia.
Il passaggio dal precedente Regolamento al nuovo è netto: la Curia assume le forme di una amministrazione moderna, in cui gli atti sono verificabili, contestabili e archiviati secondo criteri internazionali.
Rapporti con gli Ordinari, istituti religiosi e movimenti ecclesiali
Una parte importante del nuovo testo definisce in modo preciso come la Curia debba relazionarsi con le Chiese particolari. Ogni intervento che riguarda una diocesi deve essere preceduto dall’ascolto del Vescovo; ogni decisione relativa a un istituto di vita consacrata richiede il dialogo con i Superiori maggiori; ogni provvedimento sui movimenti ecclesiali deve rispettare la competenza dei Vescovi e del Dicastero competente.
Si tratta di una svolta significativa che segna un vero cambio di mentalità e mira a tutelare i diritti umani fondamentali delle persone coinvolte. La Curia non può più agire con arroganza o con modalità dispotiche, ma è chiamata a operare nel rispetto delle norme, delle persone, del loro ruolo e della loro dignità.
Nel precedente Regolamento tutto questo era affidato alle consuetudini o alla prassi delle Congregazioni, spesso lontane da tali principi. Non di rado vescovi e sacerdoti si ritrovavano calpestati, senza neppure essere ascoltati o interpellati. La Curia, in questo modo, non si colloca sopra i Vescovi, ma al servizio dei Vescovi, come chiede espressamente la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium.

Digitalizzazione, sicurezza, archivi e atti riservati
Il nuovo Regolamento riconosce che la gestione amministrativa della Santa Sede non può prescindere dalla digitalizzazione. Per questo introduce, tra le sue novità più tecniche ma decisive: sistemi informatici certificati; archiviazione digitale obbligatoria; trasferimento programmato degli atti all’Archivio Apostolico Vaticano; classificazione degli atti riservati in tre livelli; registri degli accessi; procedure per la distruzione controllata degli atti.
Sono strumenti che il precedente Regolamento, nato in un’altra epoca, non contemplava. La Curia entra finalmente in un ecosistema gestionale coerente con le esigenze del XXI secolo. Su questa linea Papa Leone XIV si è trovato fin da subito d’accordo. Al nuovo Vice Reggente della Casa Pontificia, infatti, ha dato mandato di avviare la digitalizzazione della stessa Casa Pontificia. Oggi tutto questo è finalmente regolamentato. È impensabile che un’istituzione come la Santa Sede, che riceve milioni di richieste al mese, non disponga di un sistema rapido e smart per rispondere e offrire servizi ai fedeli.
Anche per le udienze del Papa si utilizzano ancora i biglietti cartacei, una prassi ormai anacronistica nel 2025. Lo stesso Dicastero per la Comunicazione, che dovrebbe essere all’avanguardia in questi ambiti, ha dimostrato di essere uno dei dicasteri meno efficienti anche sotto questo profilo. Se un fedele o un chierico desidera acquistare una fotografia scattata durante un’udienza con il Papa, deve compilare la richiesta sul portale, attendere una risposta via email con il link, effettuare il pagamento e, solo nei giorni successivi, riceverà l’immagine. Mentre online esistono migliaia di servizi che automatizzano questi passaggi con immediatezza, in Vaticano regna una lentezza strutturale, dovuta anche al fatto che molti non hanno alcun interesse a lavorare in modo efficiente. Il paradosso è che paghiamo delle persone per svolgere manualmente operazioni che un server potrebbe gestire in autonomia.
Formazione, integrità e valutazione del personale
Un altro elemento decisivo riguarda la cultura lavorativa della Curia. Il nuovo testo: introduce la formazione permanente obbligatoria, prevede la valutazione annuale dell’operato degli officiali, impone obblighi di integrità, come la dichiarazione dei conflitti di interesse e collega questi aspetti al Regolamento del Personale, che funge da fonte giuslavoristica primaria. Il precedente Regolamento non conteneva nulla di tutto ciò. Le norme erano generiche e prive di strumenti concreti di verifica. Il nuovo sistema rende la Curia un ambiente più professionale, rigoroso e responsabile.
Una riforma che cambia la cultura istituzionale della Curia
Guardando l’insieme delle norme, si comprende l’impatto complessivo della riforma. Il nuovo Regolamento non è un semplice aggiornamento tecnico: è una vera rifondazione giuridica e organizzativa. La visione che attraversa tutto il testo è chiara: la Curia deve essere un servizio alla missione, non un centro di potere; deve agire con trasparenza, non con autoreferenzialità; deve garantire risposte, non creare silenzi; deve coordinarsi, non procedere in solitudine; deve adattarsi alle esigenze delle Chiese particolari e, soprattutto, deve rispettare la dignità del lavoro e la professionalità del personale.
In questi mesi i testi sono stati sottoposti al Santo Padre Leone XIV, che ha chiesto di affinare e sistemare alcuni passaggi e ha poi approvato l’impianto complessivo, dando attuazione a documenti che recepiscono i principi della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium e, al tempo stesso, “ne correggono il tiro”, come ha osservato nelle scorse ore un monsignore della Segreteria di Stato.
d.E.P.
Silere non possum