Roma - Durante la cerimonia di consegna dei Collari d’Oro del CONI, dedicata agli atleti che hanno portato in alto il nome dell’Italia, si è consumato un episodio che ha sollevato indignazione e imbarazzo. Sul palco, insieme ai compagni del fioretto azzurro - Guillaume Bianchi, Filippo Macchi e Alessio Foconi - è salito Tommaso Marini, campione del mondo a squadre ai recenti Mondiali di Tbilisi. Ma invece di celebrare la vittoria, la scena si è spostata su un terreno che nulla aveva a che fare con lo sport.

A prendere la parola è stato Andrea Fusco, giornalista e conduttore Rai. Rivolgendosi a Marini, ha chiesto: «Ma spiegaci un attimo questa attitudine per magari laccare le unghie, oppure portare gli orecchini. Che forza ti dà, è un simbolo che rappresenta cosa?»





Una domanda che ha immediatamente lasciato interdetti i presenti. L’atleta, visibilmente spiazzato, ha risposto con calma e maturità, doti che mancano ai giornalisti italiani soprattutto quelli che lavorano in Rai come Fusco:«Oggi siamo una squadra, quindi parlare di me sarebbe molto egoista. Riporterei l’attenzione a noi. Siamo un gruppo unito, abbiamo faticato tanto, e condividere questi momenti è la parte più bella dello sport».

La platea ha applaudito e il giornalista ha incassato il colpo, anche se è difficile pensare che abbia davvero compreso quanto siano inopportune certe esternazioni - e quanto rivelino il disagio profondo di una classe “adulta” italiana che continua a mostrarsi smarrita e fragile di fronte alla libertà altrui. Poche ore dopo, Marini ha affidato a una storia Instagram il proprio pensiero: «Non ho capito il nesso tra il nostro oro mondiale di squadra e il mio smalto o gli orecchini. Posso dire cosa non rappresentano… ovvero queste domande in contesti sbagliati». Ha poi aggiunto un hashtag: #Medioevo.

L’episodio, in apparenza marginale, svela invece una deriva del giornalismo italiano - e più in generale del modo in cui la Rai continua talvolta a raccontare le persone pubbliche. Non si tratta solo di una “battuta infelice”: la domanda di Fusco riflette una cultura ancora intrisa di stereotipi sul corpo maschile, sull’identità e sull’espressione di sé. Marini, volto nuovo dello sport italiano, ex finalista di Ballando con le Stelle e simbolo di libertà estetica e autenticità, ha più volte dichiarato di “odiare le etichette” e di non sentire il bisogno di giustificare ciò che indossa o come si mostra.

Eppure, davanti alle telecamere del servizio pubblico, è stato costretto ancora una volta a spiegarsi.
Come se un paio di unghie colorate fossero un segno da decifrare, un mistero da svelare, un “messaggio” da interpretare. Come se la libertà personale dovesse essere resa comprensibile a chi la osserva, e non semplicemente rispettata.

Nelle ore successive, la vicenda ha acceso un dibattito sui social. In molti hanno sottolineato che l’episodio non è un incidente isolato, ma l’ennesimo sintomo di un’omofobia culturale sommersa, quella che non si manifesta con insulti diretti ma con curiosità invadenti, domande insinuanti e un’ironia “di servizio” che ancora oggi pesa più del silenzio.

Non è un caso che tutto ciò avvenga in casa Rai, la televisione pubblica che dovrebbe per statuto garantire pluralismo, rispetto e rappresentazione di tutte le personalità. E invece, anche tra le sue fila, sopravvive una mentalità che fatica ad accettare l’idea che un atleta possa essere anche un uomo libero, non incasellabile, lontano dai modelli tradizionali del “macho” sportivo.

Quella domanda di Fusco - «Che forza ti dà lo smalto?» - racconta molto più del suo autore. Racconta un mondo mediatico che ancora si interroga sul diritto di essere sé stessi, e un giornalismo sportivo che, troppo spesso, dimentica la prima regola del mestiere: non spostare l’attenzione dall’essenziale.

Marini, con la sua risposta composta, ha dato una lezione di eleganza e maturità. Ha semplicemente riportato lo sguardo su ciò che conta: la squadra, la fatica, la vittoria. E, paradossalmente, con quella calma ha smascherato l’arretratezza di un certo modo di fare televisione.

L’Italia dello sport e dell’informazione ha ancora molta strada da fare. Perché finché un giornalista della Rai sentirà il bisogno di chiedere a un atleta perché porta lo smalto, sarà chiaro che il vero problema non è nelle unghie di Marini, ma negli occhi di chi le guarda.

S.A.
Silere non possum