Città del Vaticano - Nel Libretto della Celebrazione Eucaristica dei Novendiali di oggi, 4 maggio 2025, ultimo giorno delle sante Messe in suffragio del Papa defunto Francesco, emerge una verità tanto evidente quanto scomoda: l’inadeguatezza manifesta di Diego Ravelli, a capo dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.
Durante la Preghiera Eucaristica, è stato inserito un testo specifico in suffragio del Papa defunto, un’aggiunta al Messale Romano. Nulla di anomalo, se non fosse che questo testo – ufficiale, solenne, pronunciato nella Basilica di San Pietro e ascoltato dal mondo intero – è un disastro linguistico in latino. Ecco il passaggio incriminato: “Meménto étiam, Dómine, Romani Pontífici Papa nostri Francísci qua ex hoc mundi vocásti atque famulórum famularúmque tuárum, qui nos precessérunt cum signo fídei, et dórmiunt in somno pacis.”
Il latino non è un’opinione. È una lingua con regole precise. Ebbene, in queste cinque righe – cinque! – si riscontrano almeno tre errori macroscopici, che non sfuggirebbero nemmeno a uno studente al primo anno di Ginnasio:
Pontífici al posto di Pontificis, genitivo corretto.
quae al posto di quem, accusativo maschile necessario riferito al “Papa”.
mundi invece di mundo, ablativo richiesto dalla costruzione “ex hoc mundo”.
Chi ha redatto questo testo? Chi lo ha approvato? Sorge spontanea la domanda: all’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice mancano i latinisti? Siamo davvero giunti al punto che nessuno sia in grado di rivedere una semplice preghiera composta per un’occasione tanto delicata e solenne?
Questa superficialità liturgica non è un dettaglio marginale: è uno specchio di un clima più profondo che ha guidato le nomine e le promozioni in questi dodici anni. Qualcuno, in questi anni, ha costruito dietrologie, polemiche, articoli e libri sulla presunta invalidità della rinuncia di Benedetto XVI, basandosi – anche – su errori di latino contenuti in documenti redatti segretamente e che non furono sottoposti neppure ai latinisti della Segreteria di Stato per evitare fughe di notizie. Qui siamo al punto in cui non si sa neppure tradurre una preghiera, figuriamoci il resto.
Intanto, in Vaticano, c’è chi passa le giornate nella Cappella Sistina a supervisionare il lavoro degli addetti alla sistemazione della stufa, dei banchi e dei posti (che sono di più dei conclavi precedenti), come se stessero montando una scenografia teatrale. Ma poi non è in grado nemmeno di far tradurre correttamente cinque righe in latino. Stendiamo un velo pietoso, sì, ma sulle competenze imparate da qualcuno al Sant'Anselmo.
d.V.P.
Silere non possum