Città del Vaticano - Questa mattina, nel Cortile di San Damaso, il Santo Padre Leone XIV ha ricevuto i partecipanti alla Giornata Internazionale per la Lotta contro la Droga, un appuntamento che richiama l’attenzione sulla piaga delle dipendenze e sulla necessità di una risposta umana, sociale e spirituale.
Nel suo discorso, il Pontefice ha voluto innanzitutto infondere un messaggio di pace, radicandolo nel gesto e nel saluto pasquale di Gesù ai discepoli chiusi nel cenacolo: «La pace sia con voi!». Questa pace, ha spiegato Leone XIV, è un soffio vitale, lo Spirito Santo che risana il cuore e ridona dignità a chi si sente sepolto da dipendenze e marginalizzazione. La droga, insieme ad altre forme di schiavitù come l’alcolismo o il gioco d’azzardo, è infatti una «prigione invisibile» che imprigiona non solo il corpo, ma l’anima e la speranza.
Il Papa ha sottolineato con forza come la libertà si conquista insieme, ribadendo che il male e l’ingiustizia non possono essere vinti da soli. Ecco allora l’invito a costruire legami sani, basati sulla fiducia reciproca e sul riconoscimento della dignità umana, spesso calpestata o dimenticata da chi è vittima di dipendenze e da chi li circonda.
Leone XIV non ha evitato di denunciare l’enorme sistema criminale e l’interesse economico che si celano dietro al traffico di droga e alle dipendenze, un sistema che spesso trasforma le vittime in colpevoli e riempie le carceri di persone disperate, lasciando intoccati i veri responsabili. «Le nostre città — ha ricordato — devono essere liberate dall’emarginazione e dalla disperazione, non dagli emarginati e dai disperati».
La fragilità di alcuni presbiteri
L’abuso di alcol rappresenta una piaga che purtroppo coinvolge anche diversi membri del clero, specialmente in alcuni Paesi dove l’alcolismo è un problema sociale diffuso. Tuttavia, all’interno della Chiesa manca ancora una vera prevenzione su questo fronte, una prevenzione che invece dovrebbe partire proprio dai principi richiamati da Papa Leone XIV: fraternità autentica, non giudizio, sostegno concreto nei momenti di difficoltà e soprattutto la presenza costante, senza mai lasciare sole le persone in crisi. Ci sono perfino casi in cui l’abuso di alcol si verifica all’interno dei monasteri. Questo, che già per un presbitero diocesano — chiamato a una vita più solitaria — è gravemente problematico, diventa assolutamente inaccettabile all'interno di un monastero, perché indica che quella comunità è assente, che non si vive una vera fraternità né una vita comune reale.
A complicare ulteriormente la situazione c’è lo stigma sociale: troppo spesso, anche quando si riconosce la fragilità di un confratello, si esita a chiedere aiuto per paura di “cosa dirà la gente”. Nel nostro ambiente clericale, purtroppo, ciò che pensa il pubblico spesso pesa più della vita stessa, con conseguenze talvolta drammatiche. L’abuso di alcol ha portato numerosi presbiteri a perdere la vita, un bilancio tragico che evidenzia la gravità del problema. L’uso di sostanze stupefacenti, sebbene meno diffuso, è presente e legato agli stessi drammi: solitudine, incapacità delle comunità o del presbiterio di cogliere e affrontare le difficoltà personali, fragilità pregresse. È urgente dunque superare il silenzio e l’indifferenza, costruendo reti di sostegno vere e aperte, perché la dignità umana e la salute di chi serve la Chiesa non possono essere mai messe da parte.
Cultura dell'incontro
Il Giubileo in corso, ha aggiunto il Pontefice, invita a una «cultura dell’incontro», che passa per la giustizia sociale e la riconciliazione. Questa strada può anche portare al martirio, quando l’impegno per la verità e la dignità umana si scontra con interessi forti e violenti. Un appello speciale è rivolto ai giovani, chiamati a essere protagonisti del cambiamento. Il Papa li ha paragonati alla «pietra d’angolo» del Salmo, pietra scartata che diventa fondamento di un nuovo mondo. La loro testimonianza, la loro voglia di vita e di riscatto sono la speranza per una società che vuole uscire dalle dipendenze e tornare a essere pienamente umana.
Infine, il Santo Padre ha esortato tutti a moltiplicare «i luoghi di guarigione, di incontro e di educazione», e a lavorare per politiche sociali che non lascino indietro nessuno, iniziando proprio dalla strada.
Un messaggio di speranza, responsabilità e impegno, che richiama tutti a non dimenticare la dignità e la libertà di ogni persona, al di là di ogni dipendenza e difficoltà.
d.T.D.
Silere non possum