Città del Vaticano – Questa mattina Papa Leone XIV ha ricevuto in Udienza i membri del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica Italiana, nel contesto del centenario che il Pontefice ha richiamato risalendo al 1925, quando nacque il Servizio Informazioni Militari. Il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica è oggi l’insieme di organi e autorità chiamati a “assicurare le attività informative” per salvaguardare l’Italia da minacce interne ed esterne; la sua architettura è stata riformata con la legge 124/2007, che ha ridefinito competenze e catena di coordinamento, articolando il comparto su DIS, AISE (estero) e AISI (interno), sotto l’indirizzo della Presidenza del Consiglio, con un sistema di vigilanza parlamentare affidato al COPASIR e con obblighi di relazione periodica.

I dubbi in Vaticano: etica, dossieraggio e confini della cooperazione

L’udienza, però, non è stata accolta ovunque con serenità. Diversi ambienti interni alla Città del Vaticano hanno manifestato perplessità per le criticità etiche e morali che accompagnano, in generale, l’operato dei servizi di intelligence: l’equilibrio tra tutela del bene comune e rispetto della persona, tra sicurezza e rischio di “uso” improprio dell’informazione. In questo quadro si inserisce anche il tema – oggi particolarmente sensibile – del dossieraggio che ha coinvolto, negli anni scorsi, figure di rilievo della Santa Sede, tra cui il cardinale Angelo Becciu ed altri prelati.

Un cardinale ha sottolineato, inoltre, che i contatti operativi fra Gendarmeria Vaticana e apparati informativi italiani, nati per finalità di protezione e prevenzione, sono spesso diventati ambigui negli ultimi anni, venendo utilizzati come canali per raccogliere o far circolare informazioni su preti, vescovi, cardinali e personalità vaticane: un terreno scivoloso, dove la fiducia istituzionale rischia di confondersi con dinamiche di pressione, sospetto o controllo interno.

Il discorso di Leone XIV: “sì” alla sicurezza, ma con paletti non negoziabili

Nel suo intervento, però, il Papa ha affrontato precisamente proprio la questione che rende controversa l’udienza: ha espresso apprezzamento per un lavoro “competente”, “trasparente” e insieme “riservato”, ma ha imposto criteri stringenti su scopi e modalità.

Due i cardini: dignità della persona ed etica della comunicazione. Leone XIV ha chiesto limiti chiari e vigilanza sulle tentazioni di un’attività che “incide fortemente sui diritti individuali”, esigendo proporzionalità, tutela della vita privata e familiare, libertà di coscienza e di informazione, diritto al giusto processo; e ha legato la legittimità dell’azione dei Servizi a leggi promulgate e pubbliche, al controllo da parte della magistratura e a bilanci sottoposti a controlli trasparenti.

Sulla comunicazione, poi, il monito è stato esplicito: le informazioni riservate non devono mai diventare strumenti per “intimidire, manipolare, ricattare, screditare” politici, giornalisti o altri attori civili, e - ha aggiunto - “tutto ciò vale anche per l’ambito ecclesiale”.

È qui che il Papa, di fatto, ha spiegato perché l’udienza poteva apparire discutibile ma non gratuita: ha ringraziato per la collaborazione anche nella sicurezza della Santa Sede, ma ha contemporaneamente tracciato una linea morale oltre la quale ogni cooperazione, anche la più efficiente, diventa inaccettabile.

s.R.T.
Silere non possum