London - La Chiesa anglicana, nata in Inghilterra nel XVI secolo e oggi una delle principali confessioni cristiane del mondo, ha preso negli ultimi mesi posizioni sempre più nette sul conflitto in Medio Oriente. Con circa 85 milioni di fedeli e una struttura che non conosce un’autorità centralizzata paragonabile a quella cattolica, ma che trova nell’arcivescovo di Canterbury un punto di riferimento spirituale, la Comunione anglicana conserva un equilibrio peculiare fra Scrittura, tradizione e ragione.
Questo le consente di muoversi nella storia come coscienza critica, capace di prendere parola con libertà davanti alle crisi globali.
Il comunicato di maggio 2025: «Punizione collettiva senza giustificazione morale»
Nel maggio scorso i vescovi anglicani avevano pubblicato un comunicato durissimo, aperto con le parole evangeliche «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio». In quel testo denunciavano il bombardamento dell’ospedale anglicano Al Ahli da parte del Governo di Israele, definendo la guerra in corso non più difensiva ma di aggressione. I vescovi condannavano con fermezza gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023, ma affermavano che nulla può giustificare l’uso della fame come arma, il bombardamento sistematico di ospedali e l’assedio a un’intera popolazione. «La morte e la sofferenza inflitte a Gaza costituiscono un peccato gravissimo», scrivevano, sottolineando che la punizione collettiva non ha alcuna giustificazione morale.
Da qui il richiamo alla comunità internazionale perché garantisse accesso umanitario senza ostacoli, il rilascio incondizionato degli ostaggi, la fine degli insediamenti e della violenza dei coloni. Allo stesso tempo, i vescovi accoglievano con favore la decisione del Governo britannico di sospendere i negoziati per un nuovo accordo commerciale con Israele, ma invitavano a fare un passo ulteriore: il riconoscimento ufficiale della Palestina come Stato sovrano.
Il 21 settembre 2025: il riconoscimento della Palestina e la risposta dei vescovi
Il 21 settembre 2025, giorno in cui il Regno Unito — insieme a Canada, Australia e Portogallo — ha annunciato il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina, un gruppo di vescovi anglicani ha diffuso una nuova dichiarazione.
Il testo porta la firma del vescovo di Southwark, Christopher Chessun, responsabile per il Medio Oriente e voce dei Lords sulla regione, insieme ai vescovi di Chelmsford, Gloucester e Norwich.
Una voce che non si spegne
L’insieme di questi interventi mostra una Chiesa che non si limita alla retorica, ma osa pronunciarsi con forza davanti alla tragedia di Gaza e alle difficoltà di un processo di pace che sembra sempre più fragile. A maggio la denuncia delle atrocità, a settembre l’accoglienza favorevole a una decisione politica che, pur non risolvendo i drammi quotidiani, offre un segnale di speranza e di dignità. Per la Chiesa anglicana, riconoscere lo Stato di Palestina non è un premio alla violenza, ma un atto di giustizia che apre uno spazio nuovo per il dialogo e la moderazione. È il tentativo di restituire ai popoli della regione la possibilità di immaginare un futuro, quando il presente appare travolto da odio e distruzione.
d.F.A.
Silere non possum
Comunicato 22 maggio 2025
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Matteo 5,9)
Richiamando la nostra dichiarazione di Pasqua (14 aprile 2025), dopo il bombardamento dell’ospedale anglicano Al Ahli da parte del Governo di Israele, eleviamo il nostro grido di protesta per la morte, la distruzione e le sofferenze che uomini, donne e bambini hanno dovuto sopportare a Gaza, in Israele e nella regione negli ultimi venti mesi. Aborriamo la guerra in tutte le sue forme e la consideriamo un segno della frattura dell’umanità.
Nulla giustifica i terribili attacchi terroristici compiuti da Hamas il 7 ottobre 2023. In simili circostanze, le nazioni hanno diritto alla legittima difesa, nel rispetto del diritto internazionale, e a chiamare i responsabili a rispondere delle loro azioni. Eppure, il Governo di Israele ha mostrato, con dichiarazioni e atti, che questa non è più una guerra difensiva, ma una guerra di aggressione. Affermiamo con forza che i palestinesi abitanti di Gaza e della Cisgiordania hanno diritto a vivere in pace e sicurezza nella propria terra. Qualsiasi spostamento forzato di popolazioni costituirebbe una gravissima violazione del diritto umanitario internazionale.
Abbiamo assistito con orrore e indignazione all’uso dell’assedio e della fame come armi di guerra a Gaza, e al bombardamento sistematico di ospedali e strutture sanitarie. Negli ultimi tre mesi, il deliberato rifiuto da parte del governo israeliano di fornire cibo e aiuti medici a un’intera popolazione civile è un’atrocità che offende la nostra comune umanità. È la stessa definizione di punizione collettiva e non ha alcuna giustificazione morale. Prendiamo atto che il Governo di Israele è stato chiamato a rispondere davanti alla Corte Internazionale di Giustizia. Ma i bambini che muoiono di fame non possono attendere le sentenze, poiché ogni Stato ha l’obbligo di prevenire i crimini contro l’umanità. Come Vescovi siamo costretti a dichiarare con chiarezza e senza equivoci che la morte, la sofferenza e la distruzione inflitte a Gaza costituiscono un peccato gravissimo che colpisce con violenza la dignità umana donata da Dio e l’integrità stessa della creazione di Dio. Chiediamo a tutte le parti di porre fine alla guerra. Chiediamo che agli organismi competenti delle Nazioni Unite sia permesso di fornire tutti gli aiuti necessari, secondo i principi umanitari di lunga data. Chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. L’espansione continua degli insediamenti in Cisgiordania, i livelli intollerabili di violenza dei coloni, gli sfollamenti forzati e le demolizioni di abitazioni devono cessare.
Sosteniamo e applaudiamo tutte quelle voci ebraiche, dentro e fuori Israele, che con coraggio sollecitano il Governo israeliano a porre fine alla guerra. Aggiungiamo la nostra voce a quelle che lo invitano a cambiare rotta e a riaffermare la vita e la dignità di ogni essere umano.
Accogliamo con favore la decisione del Governo britannico (20 maggio 2025) di sospendere i negoziati con il Governo di Israele su un nuovo accordo di libero scambio. Si tratta di un primo passo necessario. Alimentare questa guerra vendendo armi a Israele non serve alla pace, né è compatibile con il diritto umanitario internazionale. L’uso di linguaggi disumanizzanti da parte di membri dell’attuale governo israeliano è pericoloso e deve essere contestato. Per mantenere viva la speranza di una soluzione pacifica e duratura, i governi dovrebbero ora riconoscere ufficialmente la Palestina come Stato sovrano e indipendente. Ulteriori ritardi alimentano solo la disperazione. Per parte nostra, ci impegniamo a pregare e a lavorare per la fine di questa guerra, per la liberazione di tutti gli ostaggi e per sostenere gli sforzi volti a garantire una soluzione duratura che assicuri sicurezza, giustizia e pace a israeliani e palestinesi.
Siamo profondamente consapevoli del senso reale di paura che molti membri della comunità ebraica qui provano in questo momento. Custodiamo con cura le nostre relazioni con i fratelli e le sorelle ebrei e continueremo a condannare l’antisemitismo in ogni sua forma, sia nelle parole sia nei fatti. Condanniamo l’atroce e insensato omicidio di due membri del personale dell’ambasciata israeliana a Washington DC. Incoraggiamo diocesi e parrocchie a continuare a sostenere l’appello in corso a favore della Diocesi di Gerusalemme, che include la ricostruzione delle strutture mediche e degli edifici dell’ospedale anglicano Al Ahli a Gaza. Tali sforzi rassicurano i nostri fratelli e sorelle cristiani palestinesi, insieme a tutte le altre comunità cristiane, che non sono dimenticati. Rendiamo grazie per la loro fedeltà e la loro testimonianza perseverante e invitiamo le chiese di tutto il Paese a unirsi a noi nella preghiera per il loro ministero, che porta la luce di Cristo in tempi tanto oscuri.