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Città del Vaticano - C’è una vicenda che si intreccia con diverse derive che la Chiesa Cattolica ha vissuto in questi ultimi anni. Come più volte sottolineato da Silere non possum, il dramma del pontificato di Papa Francesco è stato segnato, fin dall’inizio, dall’accesso incontrollato di numerosi personaggi problematici all’interno della residenza di Santa Marta. In questi dodici anni, la scelta del Papa di abitare nella Domus ha innescato una serie di gravi problematiche all’interno della Chiesa universale. Contrariamente a quanto banalmente si crede, il fatto che i predecessori vivessero nell’Appartamento Apostolico non era una questione di lusso, ma una misura di protezione: protezione del Papa dalle dinamiche manipolatorie di chi tenta, da sempre, di usarlo per i propri interessi. Lo abbiamo visto con la diocesi di Roma, con le scelte che Bergoglio continuava a fare sull’Argentina, ecc…

Negli anni, dentro Santa Marta è entrato di tutto: giornalisti, politici, ragazzetti, amici degli amici… Abbiamo avuto la conferma plastica di questa deriva il giorno della morte di Papa Francesco, il 21 aprile 2025, quando sono state pubblicate milioni di foto con lui, quasi fosse un attore del cinema più che il Vicario di Cristo. Questo sistema ha offerto il terreno fertile a molti individui per portare avanti i propri progetti personali e vendette mascherate da buone intenzioni, ingannando un Papa che – volente o nolente – non si è mai sottratto a tali dinamiche malsane. Silere non possum ha spesso denunciato il problema dei “ragazzetti” che orbitano attorno a comunità religiose e parrocchie. Un caso emblematico è quello della diocesi di Cassino, dove un personaggio con gravi disturbi mentali è arrivato a falsificare lettere della Segreteria di Stato e oggi scorrazza per l’Italia facendo danni, come una mina vagante. È esattamente in questo contesto marcio che nasce la dolorosa vicenda che coinvolge la comunità delle monache cistercensi di San Giacomo di Veglia.

San Giacomo di Veglia

Per cinquantuno anni, la comunità è stata guidata da Madre Rosaria Saccol, deceduta nel 2021 all’età di 92 anni. Un abbaziato così lungo ha inevitabilmente permesso l’incancrenirsi di alcune dinamiche anche non positive: la comunità, ad esempio, era diventata un approdo per gruppi di preghiera borderline, composti da persone che dicevano di “vedere la Madonna” o altre allucinazioni riconducibili a falso misticismo. Inoltre, Madre Rosaria accolse nella comunità alcune donne con problematiche psichiatriche documentate da diagnosi mediche e cartelle cliniche. Un’accoglienza che, seppur animata da buone intenzioni, si è rivelata col tempo disastrosa.

Nel 2018, la comunità elesse come nuova badessa la Reverenda Madre Aline Pereira Ghammachi
, religiosa brasiliana entrata nel monastero nel 2005. A 34 anni si ritrovò a guidare una comunità di 26 monache. Madre Ghammachi proviene da una famiglia brasiliana titolare di una nota azienda editoriale. «Non sono stata io a scegliere il Signore, ma lo ha fatto Lui, quando avevo 15 anni, facendomi intuire la possibilità di una vocazione. Ho frequentato l’università, mi sono laureata e poi mi sono chiesta come potevo mettermi a Sua disposizione. Il mio padre spirituale mi propose la clausura, qui a Vittorio Veneto, dove lui ha tre sorelle. Sono arrivata nel 2005 e qui ho trovato davvero un cuore aperto», raccontava nel 2018 in un’intervista ad Avvenire.

Con decisione, intraprendenza e lungimiranza, la nuova badessa cominciò a dare nuova vita al monastero, cercando opportunità concrete per garantire un futuro alla comunità anche tramite il lavoro. Avviò progetti inclusivi con orti dedicati a persone con disabilità e disturbi dello spettro autistico, e iniziò la produzione di vini e creme naturali: attività che permettevano di sostenersi con le proprie mani, senza compromettere la dimensione di preghiera e riservatezza propria della clausura. In linea con quanto richiesto da alcune sorelle e sostenuta dal vescovo Corrado Pizziolo, Madre Ghammachi iniziò anche una necessaria “pulizia” interna, allontanando i gruppi pseudomistici che infestavano la comunità. Una scelta coraggiosa, che le attirò ovviamente le ire di quei personaggi mentalmente instabili che avevano trovato nel monastero un comodo rifugio per le proprie derive.


False denunce, inizia il Calvario

Nel 2022, uno di questi squilibrati — guarda caso con libero accesso a Santa Marta — fece arrivare al Papa una lettera anonima in cui denunciava gravi abusi da parte della Madre Badessa ai danni delle sue consorelle. E come ormai succede sempre più spesso a seguito di questo pontificato surreale, anche le lettere anonime vengono prese in considerazione. Una prassi che si applica regolarmente soprattutto quando il bersaglio della denuncia non gode di protezioni “in alto”, come invece è accaduto ad altri, tra cui il carmelitano Luigi Gaetani.

Il 27 gennaio 2023 l'abate preside della Congregazione di San Bernardo, Dom Stefano Zanolini, O. Cist., ha comunicato alla Madre Badessa di San Giacomo di Veglia che il Dicastero per la vita consacrata e le società di vita apostolica, aveva nominato Madre Ester Stucchi, quale sua "delegata per ascoltare la Comunità e poter avere una chiara e oggettiva conoscenza dei fatti denunciati nella lettera".

In questa lettera, visionata da Silere non possum, si muovono gravi accuse nei confronti della superiora. Le viene contestato di costringere le monache a trattare con lei questioni attinenti al foro interno, violando così la loro libertà di coscienza. La madre superiora è inoltre accusata di aver tirato i capelli a una consorella affetta da fragilità comportamentali e di averla costretta a un trasferimento forzato. Le viene anche contestato di impedire alle religiose l’accesso a un padre spirituale e la possibilità di avere colloqui personali con psichiatri. Ulteriori accuse riguardano la gestione della foresteria: la madre viene accusata di aver concesso un’ala della struttura ai familiari e avrebbe affidato alla propria famiglia la gestione economica del monastero, lasciando intendere un possibile conflitto di interessi e un uso privato delle risorse comunitarie. La badessa è inoltre accusata di mancanza di trasparenza nella gestione finanziaria, di non condividere con la comunità il bilancio del monastero, e di trascurare le sorelle anziane, arrivando a maltrattarle.

La visita di una monaca terza e imparziale

Come abbiamo già ribadito più volte, incluso nel primo articolo di questa inchiesta, le visite apostoliche e le relative indagini devono essere affidate a figure terze, prive di qualsiasi legame con le persone o le realtà oggetto dell’indagine. In questo caso, l’abate presidente ha agito correttamente, incaricando una monaca esterna e senza alcuna connessione con la comunità di San Giacomo. La religiosa ha trascorso un periodo all’interno del monastero, ha dialogato con tutte le monache – comprese quelle che, nel passato, hanno lasciato la comunità per trasferirsi in altri monasteri cistercensi – ed è giunta a queste conclusioni:

“Alla mia richiesta di visionare gli estratti conto bancari e la documentazione contabile, la Madre ha collaborato con totale trasparenza e senza alcuna esitazione. La contabilità risulta gestita con grande ordine e precisione – non solo dalla Madre, ma anche con il supporto di due altre monache, tra cui la Priora. Dall’analisi dei documenti non emergono irregolarità né elementi che possano destare dubbi o sospetti. Il Monastero si trova in una condizione economica solida, e la Madre si adopera costantemente per individuare nuove modalità di sostentamento. Non è vero che le sorelle siano all’oscuro della situazione finanziaria del Monastero: ogni anno, la Madre presenta un resoconto dettagliato, corredato di grafici e tabelle proiettati su grande schermo, come confermato da tutte le monache con cui ho parlato.” Così scrive Madre Stucchi nella relazione depositata presso il Dicastero per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Per quanto riguarda l’accusa secondo cui un’ala della foresteria sarebbe stata lasciata a disposizione dei familiari della Madre, va ricordato che tale contestazione, guarda caso, proviene da un soggetto psichiatrico, già da tempo allontanato dalla foresteria su iniziativa della Madre stessa. Proprio in quei locali, il personaggio conduceva da anni incontri segnati da presunte visioni mistiche e derive spirituali preoccupanti. È chiaro a chiunque che non può essere attendibile ma è evidente che qualcuno aveva ben altre motivazioni per muoversi contro questa comunità. 

Anche le accuse relative alla gestione economica del monastero si sono rivelate completamente infondate. Madre Stucchi, nella sua relazione, ha dichiarato di aver potuto esaminare a fondo i conti e la documentazione contabile, rilevando non solo trasparenza e ordine, ma anche il concreto sostegno economico offerto dalla famiglia della Badessa. Quest’ultima, infatti, ha effettuato diversi bonifici a favore della comunità, con donazioni di somme ingenti, oltre ad aver garantito gratuitamente numerosi servizi alle monache, come l’accompagnamento a visite mediche, l’acquisto di farmaci e beni alimentari, e altre forme di supporto materiale. Per quanto riguarda le presunte violenze sulle consorelle, l’indagine ha evidenziato una realtà diametralmente opposta. Non è stata la Badessa ad assumere atteggiamenti aggressivi, bensì una monaca, che nella lettera accusatoria viene definita “fragile”, ma alla quale, secondo documentazione medica pregressa, è stata diagnosticata la schizofrenia. Analogamente, anche le accuse circa presunte violazioni del foro interno o l’impossibilità per le monache di accedere a colloqui psichiatrici in assenza della Madre si sono rivelate infondate. È noto che professionisti seri – e non quelli formatisi in certi ambienti discutibili, come la Gregoriana – non ammetterebbero mai simili ingerenze. Infatti, come confermato dall’indagine di Madre Stucchi, tali episodi non si sono mai verificati. Al contrario, in un’unica occasione, fu lo stesso psichiatra a chiedere la presenza della Madre per un colloquio a tre, al fine di chiarire direttamente alcune accuse mosse dalla suora in questione. Il quadro che emerge è ormai chiaro: gelosie, invidie e rancori personali hanno generato una campagna di discredito contro una donna stimata e capace, che già tempo fa l’Abate Generale aveva liquidato con un commento tanto superficiale quanto rivelatore: “Troppo bella e troppo giovane per essere badessa”. Un’affermazione grave, che dice molto non solo sull’atteggiamento nei confronti della Badessa, ma anche sulla mentalità e lo stile (anche sessista) di Mauro Giuseppe Lepori.


L'abuso del potere e il familismo amorale

Come Silere non possum ha raccontato in più occasioni, all'interno del Dicastero per la Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica vige un sistema di familismo amorale imbarazzante. Noto a tutti, qui dentro, ma che ben pochi hanno il coraggio di denunciare. E se in passato José Rodríguez Carballo desiderava denaro per risolvere le questioni con celerità e secondo i desiderata, oggi la situazione non è cambiata granché. 

In Dicastero
, proprio come per il caso San Anselmo e Gaetani, sono emersi i documenti e dalle carte risulta chiaro come qualcosa non funzioni. Un presbitero afferma: "Al termine della visita di Madre Stucchi, presa visione della sua relazione, era stato preparato un decreto". Mons. José Rodríguez Carballo, ex segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, aveva preparato anche una lettera indirizzata a Dom Zanolini che riportiamo qui di seguito, in esclusiva: 

"Reverendissimo Padre, 
faccio riscontro alla sua cortese lettera del 27 febbraio 2023 con la quale informava questo Dicastero sul buon esito della visita apostolica effettuata dalla Sua delegata Sr. M. Ester Stucchi, osb ap. 
Pertanto: “non essendo state raccolte prove sufficienti circa la colpevolezza della Madre Abbadessa Aline Pereira Ghammanchi, anzi, risultando le accuse mosse nei suoi riguardi infondate, ex can. 1718 §1 CIC è disposta l’archiviazione del caso in specie e degli atti dell’istruttoria, modo iure præscripto”. 

Ciò considerato, Reverendo Padre, mentre La ringrazio per l’egregio lavoro svolto in favore del bene delle anime, colgo l’occasione per salutarla nel Signore con l’augurio di Pace e Bene".


Questa lettera e il decreto, però, "vennero letteralmente stracciati" dopo che Padre Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dell'Ordine Cistercense, si rivolse a Mons. Carballo secondo lo schema solito che ormai caratterizza i Dicasteri della Curia Romana. In sostanza, per coloro che non sono addetti ai lavori, sarebbe un po' come se una parte coinvolta in un processo penale si rivolgesse al Giudice privatamente e facesse pressioni su di lui, senza la presenza delle altre parti e senza che questa ingerenza risultasse in nessun atto da poter inserire nel fascicolo. In Italia questo potrebbe configurarsi come un reato, previsto dall'articolo 319 ter del Codice Penale, ma in quello che viene definito erraneamente da Lepori come "il solo abilitato a regolare la vita monastica" è ormai una prassi.

Ma di questo parleremo più avanti.


p.M.A. 
Silere non possum