“Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido.” La frase attribuita ad Albert Einstein — apocrifa o meno — illumina con disarmante semplicità una dinamica pervasiva e distruttiva: il giudizio deformante dell’altro, basato su categorie arbitrarie, spesso funzionali al proprio potere.
Sminuire è una pratica antica, tanto sottile quanto crudele. Si presenta come osservazione, consiglio, ammonimento, perfino affetto: ma è, in realtà, un modo per ridurre l’altro a ciò che noi crediamo sia giusto che sia. Sminuire è tagliare l’identità dell’altro con le forbici della nostra misura. E quando questo meccanismo si stabilizza nei rapporti affettivi, educativi, spirituali o professionali, produce ferite silenziose che spesso durano una vita.