Ottawa – Non è un gesto simbolico, né un’improvvisazione dettata dall’emotività. Con parole nette e misurate, il primo ministro canadese Mark Carney ha annunciato oggi che il Canada riconosce ufficialmente lo Stato di Palestina. Una decisione che, inevitabilmente, segna una cesura nella diplomazia internazionale e, forse, restituisce ossigeno a un processo di pace che da anni sembra essere entrato in coma.
Il discorso di Carney non ha il tono della retorica, ma quello della constatazione amara: dal 1947, ogni governo canadese ha sostenuto la soluzione a due Stati come unica prospettiva credibile di pace. Eppure, quella prospettiva, ha detto il premier, è stata “progressivamente e gravemente erosa”. Non si tratta di un atto d’accusa unilaterale, ma di un bilancio lucido. Da una parte, la minaccia costante del terrorismo di Hamas, culminata nel massacro del 7 ottobre 2023 e nell’ostinato rifiuto di riconoscere il diritto di Israele ad esistere. Dall’altra, la politica del governo israeliano, che attraverso l’espansione sistematica degli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, le decisioni sull’annessione e la gestione della guerra a Gaza, sembra voler rendere impossibile l’istituzione di uno Stato palestinese.
Carney ha usato parole dure, quasi mai ascoltate con tale chiarezza da un capo di governo occidentale. Ha parlato di una “carestia devastante e prevenibile”, ha ricordato le “decine di migliaia di civili” uccisi e gli oltre un milione di sfollati. Ha citato perfino la dichiarazione ufficiale dell’attuale governo israeliano, secondo la quale “non ci sarà alcuno Stato palestinese”. In questo contesto, il Canada ha scelto di agire: non più soltanto sostenere in linea di principio, ma riconoscere nella realtà.
Naturalmente, il riconoscimento non è senza condizioni. Carney ha ribadito che Hamas non potrà avere alcun ruolo nel futuro della Palestina, “perché ha derubato il popolo palestinese della vita e della libertà”. La strada, ha spiegato, passa per l’Autorità Palestinese, che ha già assunto impegni con Ottawa e con la comunità internazionale: riforme radicali della governance, elezioni generali nel 2026, smilitarizzazione dello Stato. Una promessa difficile, ma che il Canada intende accompagnare con un sostegno concreto, sia politico che umanitario.
Il Canada sembra allinearsi pienamente a quanto la Santa Sede chiede da anni: un riconoscimento concreto che riapra lo spazio della speranza. La mossa di Ottawa lascia intendere che, senza un atto di rottura, la prospettiva della soluzione a due Stati è destinata a spegnersi definitivamente. E proprio in un tempo in cui l’immobilismo appare la regola, diventa necessario un gesto capace di riportare al centro la promessa originaria: due popoli che non siano condannati a negarsi reciprocamente, ma possano finalmente riconoscersi.
L.A.
Silere non possum