«Hai fatto tu ogni tempo e sei prima del tempo, e non c’è mai stato un tempo in cui non c’era ancora il tempo».Con questa frase delle Confessioni, Agostino stabilisce la verità da cui tutto deve partire: il tempo non è eterno, non scorre da sempre, non accompagna Dio come un orizzonte parallelo. Il tempo è creato. E se è creato, è creato per qualcuno: per le creature che vivono nel cambiamento, nella successione degli attimi, nel dramma della decisione. È creato per l’uomo, che è libero. Ciò che oggi formuliamo dicendo che «Dio ha persino creato il tempo perché la libertà dell’uomo potesse emergere» Agostino lo articola con un rigore teologico sorprendente: il tempo è il modo d’essere della creatura, la libertà è il dono che la rende responsabile, e solo nel tempo la volontà può convertirsi, tornare, maturare.

Dio non è nel tempo, ma fa il tempo

Agostino è netto: «Mai dunque, in nessun tempo, tu sei rimasto senza fare nulla, perché il tempo stesso sei tu che l’hai fatto». Questo significa che: Dio non “entra” nel tempo: lo trascende. Il tempo nasce come effetto della sua azione creatrice. L’inizio del tempo coincide con l’inizio del mondo. La creatura, invece, esiste solo in questa distensione fragile. Per questo Agostino può domandarsi: «Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più». La domanda non è filosofica soltanto: riguarda il rapporto dell’uomo con Dio.

Il tempo come modo d’essere della creatura

Agostino respinge l’idea che il tempo sia solo misura del movimento fisico o semplice riflesso dell’eternità. Nelle Confessioni afferma che i tempi sono nell’anima: «I tempi sono tre: presente di ciò che è passato, presente di ciò che è presente e presente di ciò che è futuro». E precisa: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è l’attenzione, il presente del futuro è l’attesa. Il tempo è dunque una struttura interiore. La creatura vive distesa fra ciò che ricorda, ciò che percepisce e ciò che spera: Agostino la chiama distentio animi, «distensione dell’anima». Questa tensione è il luogo in cui avviene ogni atto libero: per decidere, bisogna avere memoria del passato, percezione del presente e apertura del futuro; senza questa triplice postura non esiste libertà.

Don Luigi Giussani spiegava che la conoscenza, la certezza e perfino l’incontro con Cristo maturano solo “nel tempo”, dentro una dinamica analoga alla memoria-presenza-attesa descritta da Agostino. Giussani scrive infatti che «la necessaria sintonia con l’oggetto che si vuole arrivare a conoscere è una disposizione viva che si costruisce nel tempo, nella convivenza». Anche per lui, dunque, il tempo non è un contenitore neutro, ma la forma concreta della coscienza: uno spazio in cui la memoria si sedimenta, il presente si illumina e l’attesa si educa. Per questo afferma che anche la più piccola scintilla di comprensione «ha bisogno di tempo e spazio, perché arrivi a essere evoluta».

Se Agostino mostra che la libertà si radica nella distensione dell’anima, Giussani mostra che l’identità e la certezza dell’uomo si formano in un analogo lavoro temporale della coscienza, dove il passato diventa memoria viva, il presente diventa esperienza, e il futuro si apre come possibilità reale. Entrambi ci spiegano che il tempo è la struttura in cui la libertà si gioca e la verità si rivela.

Il dono del libero arbitrio: la condizione della responsabilità

Nel De libero arbitrio, Agostino risponde alla domanda: perché Dio ci ha dato una volontà libera, sapendo che avremmo potuto usarla male? Anzitutto definisce l’uomo come un bene in quanto capace di vivere secondo ragione: «L’uomo, in quanto uomo, è un determinato bene perché, quando vuole, può vivere secondo ragione». E conclude: «Fu necessario quindi che Dio desse all’uomo la libera volontà». Senza libero arbitrio non ci sarebbe virtù, perché non ci sarebbe scelta; non ci sarebbe colpa, perché ciò che avviene per necessità non è imputabile; non ci sarebbe giustizia nel premio o nella pena. Agostino è esplicito: Dio non ha dato la volontà «per peccare», ma perché l’uomo potesse vivere moralmente. E vivere moralmente significa vivere nel tempo.

Tempo, volontà e origine del male

Agostino riconosce che il male non viene da Dio: viene dalla volontà che si allontana dal bene immutabile e si rivolge a beni inferiori e mutevoli. Nel De libero arbitrio lo definisce così: «Si agisce male distogliendosi dal mondo immutevole dei valori e volgendosi alle cose mutevoli del divenire». Il male è un movimento della volontà. Ma il movimento implica sempre un prima e un dopo: cioè avviene nel tempo. Nelle Confessioni, Agostino dice: «Sapevo di avere una volontà, almeno quanto sapevo di vivere». La libertà è il nucleo dell’identità personale, e la storia della propria libertà - smarrimenti, ritorni, cadute, rialzate - può esistere solo nel tempo. Senza tempo non esisterebbe conversione.

Il tempo come spazio teologico della libertà

Agostino ci spiega che Dio crea il tempo per dare alla creatura un luogo in cui possa decidere. La libertà non è un atto puntuale, ma un cammino: cresce, cambia, si purifica. Il tempo è la condizione di questa storia. Ne risulta che il tempo non è indifferente: è parte del progetto creatore. Non è un contenitore neutro, ma una dimensione antropologica e spirituale. Agostino stesso interpreta la sua vita così: una storia in cui Dio lo ha pazientemente condotto nel tempo fino alla conversione. La grazia opera nell’“oggi” dell’uomo, e la volontà risponde nello stesso “oggi”, sempre disteso fra il passato che pesa e il futuro che attrae. In questo senso, dire che Dio ha creato il tempo perché la libertà dell’uomo potesse emergere significa esprimere in forma sintetica ciò che Agostino mostra con finezza: il tempo è la “palestra” della libertà, la libertà è il luogo in cui si rivela l’immagine di Dio, la storia personale è il teatro dell’incontro fra grazia e volontà. Il tempo, per Agostino, è realmente “in funzione dell’uomo”: non perché l’uomo sia il fine ultimo della creazione, ma perché attraverso il tempo Dio chiama la creatura alla maturità della libertà, alla verità del bene e alla pienezza dell’amore.

d.C.P.
Silere non possum