Roma – Questo pomeriggio S.E.R. Mons. Mario Enrico Delpini, Arcivescovo di Milano, ha presieduto la Santa Messa per il Giubileo dei Sacerdoti nella chiesa di San Salvatore in Lauro. Molti i presbiteri presenti, tra cui numerosi lettori e sostenitori del suo magistero che hanno imparato ad apprezzarne la chiarezza e profondità anche attraverso le pagine di Silere non possum.

L’omelia tenuta da Mons. Delpini si è rivelata una riflessione profonda sul ministero presbiterale, centrata sulla figura evangelica di Matteo e sul tema fondante del Giubileo 2025: la speranza.

Seduti come Matteo, chiamati alla sequela

L’Arcivescovo ha aperto la sua catechesi commentando la vocazione di Matteo: «Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte e gli disse: Seguimi». Uno sguardo che sa vedere l’uomo “seduto”, rassegnato, spento. Ma è proprio questo sguardo – ha detto Delpini – che risveglia e richiama a una vita nuova. «Non ti sembra che sia ora di ritrovare la gioia?», ha chiesto con forza ai presenti, sollecitando a non vivere il ministero come assestamento o routine, ma come risposta viva all’iniziativa di Cristo.

La sfida della fraternità presbiterale

Poi, Mons. Delpini ha sottolineato che Matteo non è stato solo chiamato, ma è entrato a far parte dei Dodici. Il presbitero, ha affermato, non è un solitario né un funzionario del sacro, ma un uomo che vive la propria vocazione all’interno del presbiterio, in comunione con i fratelli e il vescovo. Ha messo in guardia dalla deriva individualistica e ha invitato i sacerdoti a condividere pensieri, parole, iniziative, perché «solo chi vive nella comunione può annunciare il Regno di Dio».

Una speranza credibile, non garantita

Delpini non ha evitato le provocazioni. Ha denunciato con lucidità il rischio che i preti diventino seminatori di speranza troppo garantiti, e perciò poco credibili: «Che cosa ne fate dei soldi? Quanti ne avete accumulati? Per che cosa li spendete?» ha chiesto provocando i presenti. La speranza cristiana, ha ribadito, non si fonda sulla sicurezza economica, ma sulla fiducia nella promessa di Dio: «Non preoccupatevi».

L’audacia degli Undici

Nel tratto finale della catechesi, l’Arcivescovo ha evocato l’immagine degli Undici apostoli inviati da Gesù risorto, nonostante le loro fragilità e incertezze. Un chiaro messaggio ai sacerdoti di oggi: la missione non attende la perfezione, ma la disponibilità ad andare con Cristo, che è «con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Anche noi, ha concluso Delpini, possiamo ripartire.

Un'omelia profonda, concreta e incoraggiante, che ha colpito i sacerdoti per il suo tono paterno e insieme esigente. In un tempo segnato da fatiche e smarrimenti, Mons. Delpini ha ridato voce a ciò che il ministero sacerdotale è chiamato a essere: testimonianza vivente della speranza che viene da Dio.

d.C.P.
Silere non possum