Città del Vaticano – Con un messaggio rivolto ai partecipanti all’Incontro Interreligioso in Bangladesh, Leone XIV ha richiamato ancora una volta l’urgenza di costruire la pace attraverso il dialogo e la fraternità. Non una pace astratta, ma quella che – ha sottolineato – solo Dio può donare: una pace «disarmata e disarmante, umile e perseverante», capace di cercare sempre la carità e di farsi prossima «soprattutto a chi soffre».
Una cultura che unisce
Il Pontefice ha reso omaggio agli organizzatori dell’incontro, che hanno scelto come tema “Promuovere una cultura di armonia tra fratelli e sorelle”. Un’espressione che non è retorica, ma richiama la visione del Concilio Vaticano II, quando nella dichiarazione Nostra Aetate si affermava che l’umanità intera è «una sola» nell’origine e nel destino sotto Dio. «Siamo tutti suoi figli e quindi fratelli e sorelle», ha ricordato Leone XIV, invitando a riscoprire la fraternità come fondamento non solo religioso, ma sociale e politico.
Il Papa ha poi approfondito il concetto di “cultura”, distinguendo due sensi: da un lato, il patrimonio di arti, idee e istituzioni che definisce ogni popolo; dall’altro, l’ambiente vitale che sostiene la crescita, come un ecosistema che permette a piante diverse di fiorire insieme. «Una cultura sociale sana – ha osservato – consente a comunità diverse di vivere in armonia».
I rischi della dimenticanza
Non sono mancati richiami severi alla storia: quando la cultura dell’armonia viene trascurata, «le erbacce soffocano la pace». È allora che emergono sospetti, stereotipi e fanatismi capaci di dividere. L’immagine che Leone XIV ha consegnato è quella di un campo da custodire: «Come compagni nel dialogo interreligioso, siamo giardinieri che si prendono cura di questo campo di fraternità, mantenendo il dialogo fecondo e strappando le erbacce del pregiudizio».
Dal sospetto alla fiducia
Il Papa ha insistito sul valore concreto dell’incontro: non un esercizio teorico, ma un atto di testimonianza che afferma che «le differenze di credo o di provenienza non devono dividerci». Al contrario, ha detto, occorre scegliere la fiducia dove altri seminano diffidenza, cercare la comprensione dove altri alimentano paura, riconoscere nell’altro una ricchezza laddove il mondo vede soltanto barriere. Richiamando le parole di Francesco durante l’incontro ecumenico e interreligioso per la pace del 2017, Leone XIV ha sottolineato come il dialogo autentico sia sempre un argine contro odio e violenza.
Il servizio come misura dell’amicizia
La vera amicizia interreligiosa, secondo il Papa, si misura nella disponibilità a servire insieme i più vulnerabili. Qui ha citato la lettera di san Giacomo: «La religione pura e senza macchia davanti a Dio … è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni» (Gc 1,27). In questo senso, il Bangladesh ha già conosciuto esempi luminosi: persone di diverse fedi che, di fronte a disastri naturali e tragedie, hanno scelto di unirsi in solidarietà e preghiera. «Questi gesti costruiscono ponti – ha detto – tra religioni, tra teoria e prassi, tra comunità».
Collaborare in ogni opera buona, ha aggiunto, è l’antidoto più efficace contro le voci della divisione. Quando il dialogo si traduce in azione, esso trasmette un messaggio forte e universale: «la pace, e non il conflitto, è il nostro sogno più prezioso».
Una civiltà dell’amore
Nella parte conclusiva del messaggio, Leone XIV ha ribadito l’impegno della Chiesa cattolica a camminare a fianco di tutte le tradizioni religiose su questo sentiero. Non ha nascosto che incomprensioni e ferite del passato possano rendere più lento il cammino, ma ha incoraggiato a perseverare, a costruire passo dopo passo quella che san Giovanni Paolo II definiva “civiltà dell’amore”. Non si tratta solo di grandi progetti: «ogni discussione comune, ogni pasto condiviso, ogni gesto di cortesia verso un vicino di un’altra religione» sono mattoni essenziali di questa costruzione.
d.T.A.
Silere non possum