Nella mattina di oggi, Piazza San Pietro ha accolto migliaia di fedeli e numerose delegazioni internazionali che hanno reso omaggio alla salma di Papa Francesco, il 266° Successore di Pietro. Una cerimonia solenne, trasmessa in mondovisione, ha segnato l’addio terreno a Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice gesuita e primo Papa proveniente dal continente americano, scomparso nei giorni scorsi all’età di 88 anni. È tornato i latino, è tornata la diplomazia, la liturgia curata, dopo dodici anni. 

A presiedere il rito esequiale è stato il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, che nella sua omelia ha tracciato un ritratto vibrante del pontificato di Papa Francesco. «In questa maestosa piazza di San Pietro, nella quale Papa Francesco tante volte ha celebrato l’Eucarestia e presieduto grandi incontri nel corso di questi 12 anni – ha esordito il cardinale – siamo raccolti in preghiera attorno alle sue spoglie mortali col cuore triste, ma sorretti dalle certezze della fede».

L’omelia ha toccato i momenti salienti del pontificato e l’ultimo gesto del Papa, ormai stremato, che «domenica scorsa, Solennità di Pasqua, nonostante i gravi problemi di salute, ha voluto impartirci la benedizione dal balcone della Basilica di San Pietro e poi è sceso in questa piazza per salutare dalla papamobile scoperta tutta la grande folla convenuta per la Messa di Pasqua».

Il cardinale Re ha ricordato come Francesco abbia voluto essere un “buon pastore”, fedele alla missione affidata a Pietro: «Nonostante la sua finale fragilità e sofferenza, Papa Francesco ha scelto di percorrere questa via di donazione fino all’ultimo giorno della sua vita terrena».

Le parole dell’omelia hanno toccato anche le scelte pastorali e lo stile personale che hanno contraddistinto il Papa argentino, fin dalla sua elezione il 13 marzo 2013: «La decisione di prendere il nome Francesco apparve subito come la scelta di un programma e di uno stile… un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti». E ancora: «Il primato dell’evangelizzazione è stato la guida del suo Pontificato… Misericordia e gioia del Vangelo sono due parole chiave di Papa Francesco».


Non sono mancati i riferimenti ai gesti più simbolici del suo pontificato: dal viaggio a Lampedusa, primo della sua missione da Papa, fino allo storico viaggio in Iraq nel 2021, passando per la firma della Fratelli tutti e della Laudato si’, due testi emblematici della sua visione sociale e ambientale. Con questa celebrazione, in particolare con questa omelia, i cardinali dimostrano di essere dei "Signori", rispetto a Jorge Mario Bergoglio, il quale riservò un trattamento vergognoso al suo predecessore e nell'omelia non ne traccio neppure un profilo storico. Nessun elogio, una sola citazione del suo nome. Fu una celebrazione inquietante. Dietro la figura pubblica, resta la storia personale di Jorge Mario Bergoglio, nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da una famiglia di origini italiane. Chimico di formazione, gesuita per vocazione, vescovo dal 1992, cardinale dal 2001 e primate dell’Argentina dal 1998. Una personalità complessa, plasmata da esperienze contrastanti: una giovinezza segnata da una grave malattia polmonare, un noviziato difficile nella Compagnia di Gesù, una lunga stagione da pastore nella Buenos Aires del disagio e delle periferie. Il suo pontificato è stato, senza dubbio, uno dei più discussi e controversi dell’epoca moderna. Non pochi osservatori, anche tra i cardinali che lo elessero, hanno successivamente riconosciuto gli effetti divisivi della sua guida. Accusato di accentrare il potere e dissolvere la tradizione giuridica della Chiesa, Francesco ha governato spesso tramite decisioni arbitrarie e scelte personali, premiando la fedeltà ideologica più che la virtù. Nomi come quelli di Zanchetta, Rupnik e McCarrick sono diventati simboli delle ombre di questo pontificato. Nel clero e nella vita consacrata si è spesso percepita una frattura profonda, alimentata da un linguaggio ambiguo e da una gestione pastorale più politica che dottrinale. Per molti, l’eredità di Francesco sarà quella di un pontificato che ha privilegiato l’immagine alla sostanza, che ha cercato il consenso mediatico a scapito dell’unità ecclesiale. Eppure, nella narrazione ufficiale di oggi, è stato ricordato come il Papa che ha cercato «di illuminare con la sapienza del Vangelo i problemi del nostro tempo» e che ha voluto una Chiesa «come ospedale da campo», aperta, accogliente, dialogante. Concludendo l’omelia, il cardinale Re ha affidato a Papa Francesco una richiesta: «Caro Papa Francesco, ora chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero». Qualche giorno fa un cardinale, giunto a Roma per le Congregazioni generali, ha correttamente sottolineato: "Oggi non può la Chiesa essere un ospedale da campo, perché è la Chiesa stessa che ha bisogno di un ospedale da campo. È lei a dover farsi curare dopo dodici anni difficili".  Le cose, è chiaro, non sono cambiate molto rispetto al conclave che ha eletto Francesco. Anzi, sono peggiorate molto. Se nel 2013 il problema era una curia infedele al Papa, oggi abbiamo una curia che è infedele a Dio e, inoltre, ha semplicemente osannato il dittatore di turno. Si tratta di un ruolo che Benedetto XVI non ha mai voluto ricoprire, perché era convinto che fosse molto più confacente alla figura di Pietro la misericordia e la bontà. Virtù predicate da Francesco ma mai utilizzate. 

Oggi, la Basilica Vaticana ha chiuso in una bara, non solo i resti mortali di un Pontefice, ma anche il peso simbolico di una stagione ecclesiale che ha segnato in modo profondo il volto della Chiesa di questi dodici anni. Un’epoca si chiude. Un’altra si prepara ad aprirsi, gravata da domande cruciali: su cosa significhi oggi essere pastori, cosa sia la verità, chi è Gesù Cristo per la Chiesa, il Papa è un volontario da centro sociale o chi testimonia la Resurrezione di Cristo? Infine, quale Chiesa ci attende domani?

Il mondo guarda a quel comignolo, ancora una volta. Fra il clero, però, sale la preoccupazione. 

d.A.S.
Silere non possum