Diocesi di Chiavari

Chiavari - Questa mattina, alle 11, nella Cattedrale di Chiavari, si sono svolte le esequie di monsignor Giulio Sanguineti, vescovo emerito di Brescia, una figura che ha lasciato un segno profondo in tutte le comunità che ha servito con discrezione, intelligenza e umanità. 

La Celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal vescovo di Chiavari, monsignor Giampio Devasini, e concelebrata dai vescovi Pierantonio Tremolada di Brescia e Calogero Marino di Savona-Noli, insieme a numerosi sacerdoti provenienti dalle diocesi di Savona-Noli, La Spezia-Sarzana-Brugnato, Brescia e Chiavari. Tutti uniti, in un silenzio orante, attorno al feretro di un pastore che ha vissuto la propria missione come un continuo atto di servizio e di dono.

All’inizio della celebrazione, monsignor Devasini ha letto alcuni passaggi del testamento spirituale del vescovo Giulio, parole che restituiscono con semplicità il cuore della sua fede: «Accetto volentieri la morte, come ho accettato volentieri la vita. Ho sempre inteso leggere la mia vita in vista dell’eternità. Ora, al momento della mia morte, ringrazio di esservi entrato e muoio felice. Infine chiedo la preghiera e tutti benedico». In quelle righe, scritte senza enfasi, si avverte la serenità di un uomo che ha imparato ad abbandonarsi, che ha vissuto nella consapevolezza di essere sempre in cammino verso l’“altrove” e che ora, come ha ricordato il vescovo Devasini, continua a benedire da quella dimora eterna nella quale è stato accolto.

Nell’omelia, il vescovo di Savona-Noli, monsignor Calogero Marino, ha ricordato monsignor Sanguineti come un pastore buono e fedele, capace di chiamare ciascuno per nome come fa il Buon Pastore del Vangelo. «Era attento alle singolarità di ciascuno», ha detto, «interessato alle vicende di chi incontrava e pronto a portarle nella preghiera». In un tempo in cui la vita tende a ridurre le persone a numeri, a categorie, a statistiche, la sua attenzione ai volti e alle storie restava un segno concreto della sua fede. La sua voce, pacata e ferma, era riconoscibile anche negli ultimi anni, quando le parole si facevano più difficili e rimaneva soltanto il dono silenzioso della vita.

Monsignor Marino ha poi delineato tre tratti del suo profilo interiore: la gioia, la carità silenziosa e la passione educativa. Era un uomo sereno, con il gusto della tavola condivisa e dell’amicizia fedele, che sapeva creare intorno a sé un clima di accoglienza e di pace. La sua carità era discreta, nascosta, quasi naturale, come quella raccomandata dal Vangelo: “non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”. Fin dai tempi di Chiavari aveva mostrato una speciale attenzione ai poveri, alle solitudini, alle fratture umane, e continuò a farlo anche negli anni successivi, in ogni diocesi in cui venne inviato. Ma accanto a questa carità concreta c’era una grande attenzione per la formazione, per la catechesi, per l’iniziazione cristiana dei giovani e dei ragazzi. A Brescia aveva promosso una profonda riflessione sul modo di trasmettere la fede, chiedendo di rivedere l’impianto della catechesi in un contesto ormai diverso da quello della cristianità di un tempo. Le sue intuizioni, a distanza di più di vent’anni, suonano ancora profetiche.

Il vescovo di Savona ha ricordato anche una confidenza che “don Giulio” gli aveva fatto: la sua vita era cambiata da quando aveva iniziato ogni giornata con la preghiera di Charles de Foucauld, “Padre mio, mi abbandono a te, fa’ di me quello che vuoi”. In quelle parole, ha spiegato, stava il segreto della sua serenità, dell’unità interiore, della capacità di comunione profonda che lo ha accompagnato fino alla fine. Era la fede diventata vita, abbandono totale, fiducia senza misura. E forse proprio questo è il suo testamento più autentico, l’eredità spirituale che lascia a chi lo ha conosciuto: credere che la vita si compie solo quando si consegna.


Al termine della celebrazione, ha preso la parola il vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada, che ha voluto esprimere la riconoscenza della Chiesa bresciana per il suo predecessore. Ha detto di parlare non solo a nome proprio, ma anche dei vescovi originari di Brescia oggi in altre diocesi, i quali gli hanno chiesto di rendersi eco della loro voce. Ha ricordato di non aver conosciuto personalmente monsignor Sanguineti durante il suo episcopato bresciano, ma di averne raccolto numerose testimonianze, tutte concordi nel delineare l’immagine di un pastore mite e deciso, attento alle persone e profondamente legato alla sua diocesi. Molti sacerdoti, ha raccontato, rimasero colpiti dalla sua capacità di ascolto, dal desiderio di conoscere per nome i preti e i laici, e dalla dolce fermezza con cui sapeva accompagnare le comunità. Aveva trovato una diocesi grande, forse all’inizio persino un po’ spaventosa, ma non si era tirato indietro, imparando passo dopo passo a guidarla con fiducia e con amore. In lui, ha detto Tremolada, convivevano amabilità e chiarezza, tenerezza e responsabilità, qualità che gli permisero di imprimere un tratto missionario alla Chiesa bresciana, desiderosa di camminare e di rinnovarsi. Fu particolarmente sensibile ai mezzi di comunicazione sociale, di cui comprese il valore pastorale, e a Brescia diede impulso a una profonda riforma della catechesi e dell’iniziazione cristiana, perché la Chiesa, diceva, non deve restare ferma ma imparare a leggere i segni dei tempi. In lui risplendeva una fede limpida, schietta, profonda nella sua semplicità, la stessa che emerge con trasparenza dal suo testamento spirituale. «La nostra diocesi — ha concluso Tremolada — gli è molto grata e confida che il Signore lo ricompenserà generosamente per quanto generosamente egli ha servito la nostra Chiesa».

Prima dell’ultima commendatio et valedictio, il vescovo di Chiavari ha dato lettura dei messaggi di cordoglio giunti da parte del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità, del vescovo Corrado Sanguineti di Pavia e del vescovo emerito di Ventimiglia-San Remo, Alberto Maria Careggio. Nel testo del cardinale Parolin, il Santo Padre Leone XIV ha espresso la propria partecipazione spirituale al lutto per la scomparsa di monsignor Giulio Sanguineti, ricordato come pastore “premuroso e paterno” delle diocesi di Savona-Noli, La Spezia-Sarzana-Brugnato e Brescia. Il Pontefice — si legge nel messaggio — implora dal Signore, per intercessione della Vergine Maria, il premio eterno promesso ai fedeli servitori del Vangelo e impartisce la benedizione apostolica a quanti piangono la sua scomparsa e a tutti i presenti al rito esequiale.

La salma di monsignor Sanguineti è poi partita da Chiavari per essere traslata a Brescia. L’arrivo in Cattedrale è previsto per sabato 8 novembre alle 18.15, dove sarà accolta in preghiera dal vescovo Pierantonio Tremolada. La tumulazione avverrà nella Cattedrale, luogo che dice più di ogni parola il legame profondo che unì monsignor Sanguineti alla Chiesa bresciana e alla sua tradizione spirituale. Sulla lapide, poche parole latine racchiudono la sintesi di una vita: “In pace aeterna hic quiescit Iulius Sanguineti Episcopus, Ecclesiam Brixiensem a secundo ad tertium millennium otto annos sub signo Christi sapientia patientia simplicitate rexit. Orate pro eo”. Parole che bastano da sole a restituire il senso di un’esistenza vissuta nella fedeltà e nella mitezza, consegnata ora al silenzio e alla luce di Dio.

d.A.F.
Silere non possum