Roma - Domenica 27 luglio 2025, alle ore 22, le campane delle chiese italiane potrebbero rompere il silenzio della notte non per chiamare alla festa, ma per svegliare le coscienze. L’iniziativa, intitolata “Disertiamo il silenzio”, è promossa da Pax Christi come segno pubblico di solidarietà con il popolo di Gaza, devastato da mesi di bombardamenti e fame.
La proposta è tanto essenziale quanto simbolica: far suonare le campane come grido che rompe l’indifferenza, come gesto liturgico e civile insieme. In un tempo in cui l’orrore della guerra rischia di diventare rumore di fondo, persino nei contesti ecclesiali, scegliere di “non tacere” diventa atto profetico. A Gaza continuano a morire bambini, donne e uomini, vittime innocenti di una violenza disumana che non accenna a fermarsi. Le bombe colpiscono, ma anche la fame, la sete, l’assenza di cure. E, come accade spesso, il mondo osserva, commenta, ma raramente agisce.
In Italia circolano anche certi Fogli di giornale, quotidiani in cui si esercitano ideologi analfabeti che si autodefiniscono vaticanisti, intenti a stilare classifiche morali tra guerre “di serie A” e guerre “di serie B”. Ma la guerra è sempre guerra, ovunque accada, e sempre merita condanna. In Ucraina, come in Palestina, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan, Sud Sudan, nel Sahel, nel Corno d’Africa, nella Regione dei Grandi Laghi, in Myanmar, nei Balcani occidentali, nel Caucaso meridionale, in Siria, Libano, Yemen. Non esistono conflitti giusti o trascurabili, importanti o irrilevanti. La Chiesa condanna tutte le guerre e lavora instancabilmente affinché ogni conflitto trovi una fine.
È in questo vuoto che la Chiesa è chiamata a far risuonare la propria voce. Non per schierarsi politicamente, la guerra dovrebbe far ribrezzo a tutte le forze politiche, ma per difendere la vita e gridare che la guerra è sempre una sconfitta, come più volte affermato con forza da Leone XIV. Per questo, l’appello di Pax Christi non è un invito liturgico, ma un’interpellanza ecclesiale: possiamo continuare a pregare per la pace senza agire in suo nome?
Le campane, questa sera, non saranno un rito stanco ma un richiamo alla coscienza. A quella ecclesiale, che troppo spesso tace per non disturbare, e a quella pubblica, che si abitua in fretta all’orrore. “Disertare il silenzio” significa rifiutare l'indifferenza, che non è mai equidistante, ma spesso complice. Significa riconoscere che Gaza, come l’Ucraina, come ogni altro angolo del mondo segnato dalla guerra, non può essere dimenticata solo perché lontana.
E allora non solo una sera, non solo un suono. Ogni Eucaristia sia un atto di intercessione per la pace, un’offerta di parole e gesti che non si rassegnano alla logica della violenza. Perché la pace non viene da sola, va costruita. Con preghiera, con azione, con coraggio. Nel silenzio della sera, una campana che suona può essere più potente di mille discorsi. Purché quel suono trovi eco nei cuori.
d.A.S.
Silere non possum