È stato ufficialmente convertito in legge il Decreto del Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano n. DCCX, riguardante gli ingressi illeciti nel territorio dello Stato. Un provvedimento che ha sollevato aspre critiche da parte della stampa e di numerosi osservatori internazionali, soprattutto per il suo contenuto restrittivo in netta contraddizione con le parole di apertura e accoglienza espresse più volte da Papa Francesco.
Il decreto è stato subito associato, infatti, alla delicata questione dei migranti, e in particolare al messaggio di accoglienza che il Pontefice non ha mai mancato di ribadire con forza: quello di una Chiesa aperta, di confini da superare e non da innalzare, di una solidarietà che non conosce barriere fisiche o burocratiche. Eppure, proprio nel cuore simbolico della cristianità, la direzione sembra andare in senso opposto. Ciò che la stampa non comprende, però, è che queste norme sono utilizzate contro persone che il Papa rietine scomode e non certo contro i migranti, per i quali se potesse avrebbe già destinato monasteri ed ex seminari interni alle mura leonine.
Dietro questo provvedimento si intravede ancora una volta la mano del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, che in questi anni ha tentato in tutti i modi di modificare quel codice che non ha mai studiato, riformando leggi e procedure per rafforzare il proprio margine di manovra. Le nuove normative, è chiaro, sono strumenti di controllo e repressione, più che di tutela dell’ordine pubblico.
Il Decreto DCCX prevede, tra le altre cose, che chiunque risieda in un immobile di proprietà vaticana non possa ospitare terze persone senza aver ottenuto previa autorizzazione dal Governatorato. Una disposizione che introduce una sorveglianza capillare, rendendo addirittura l’accoglienza in casa propria motivo di sanzioni pesanti in caso di inosservanza.
Un clima di sospetto e controllo che contrasta con lo spirito di misericordia, bontà, evocato in più occasioni dal Papa davanti alle telecamere, e che rischia di minare profondamente non solo la coerenza interna della Santa Sede, ma anche la sua immagine verso l’esterno.
Mentre la nuova legge entra ufficialmente in vigore, le voci critiche si fanno sempre più numerose. Nelle ultime ore, Silere non possum ha pubblicato documenti riservati che evidenziano come Alessandro Diddi e Mauro Gambetti abbiano, negli ultimi anni, orchestrato veri e propri processi contro dipendenti della Fabbrica di San Pietro e contro coloro che avevano osato denunciarne l’inettitudine. Tra i materiali resi noti vi sono anche chat compromettenti che coinvolgerebbero direttamente il Promotore di Giustizia in una macchinazione ai danni del cardinale Angelo Becciu e della stessa Santa Sede.
Nelle scorse settimane Silere non possum ha denunciato, inoltre, un fatto ancora più grave: il contenuto di un comunicato stampa ufficiale della Santa Sede si è rivelato falso. In esso si affermava che Papa Francesco aveva modificato la Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano, ma tale modifica non risulta esistere. La prova è contenuta anche nel testo appena convertito in legge, che non fa alcun riferimento a una modifica della Legge Fondamentale – cosa che sarebbe invece obbligatoria, poiché il decreto interviene proprio su una parte in cui si menziona il “Cardinale Presidente del Governatorato”, parte che sarebbe dovuta essere modificata nella legge fantasma.
Quale volto vuole davvero mostrare oggi il Vaticano al mondo? Quello della pace e della misericordia o quello della sorveglianza da Grande Fratello e dei processi tipici della Corea del nord? In attesa di risposte ufficiali, resta un dato inquietante: in nome della sicurezza, anche il cuore della cristianità sembra voler chiudere le sue porte.