In un tempo in cui la società appare frammentata e senza bussola, la voce del cardinale François Bustillo, vescovo di Ajaccio, si leva con chiarezza e speranza. Nel suo ultimo libro Réparation (Fayard), egli affronta con lucidità le ferite del nostro tempo, ma allo stesso tempo indica una via di rinascita che passa attraverso il Vangelo e il cuore dell’uomo. In questa intervista rilasciata a France Cattolique, Bustillo invita a non lasciarsi imprigionare dal pessimismo né da un fatalismo sterile: i cristiani, ricorda, sono figli della Risurrezione, chiamati a un atteggiamento creativo, capace di costruire legami e ridare solidità a una società smarrita. La sua riflessione attraversa temi cruciali: l’allontanamento da Dio, la sete spirituale dei giovani, il ruolo dell’educazione, la centralità del Sacro Cuore e la necessità di un regno di Cristo che liberi le coscienze.
La Chiesa, secondo lei, possiede le chiavi di questa “riparazione” della società che auspica?
Cardinale François Bustillo: Quando guardiamo la società, non possiamo che constatare che è ferita… ma non è perduta! Nella riparazione c’è una speranza. E la Chiesa ha un ruolo da svolgere attraverso il suo genio e il suo patrimonio propri, e grazie alla sua capacità di scorgere le falle e le difficoltà alla luce del Vangelo. Un cristiano non può limitarsi a criticare e a lamentarsi, perché i cristiani sono figli della Risurrezione. Non vivono con una logica triste e fatalista nei confronti della società, ma con un atteggiamento attivo e creativo, capace di trovare vie d’uscita di fronte a situazioni di stallo.
La situazione che descrive è dovuta al fatto che il nostro Paese si è allontanato da Dio?
Cardinale François Bustillo: È un fatto: la società si è allontanata da Dio. Negli anni ’60-’70 si sognava un mondo migliore, peace and love… Ma per i figli e i nipoti di quella generazione tutto è diventato molto più complicato e difficile. Sessant’anni fa si gridava: «Né Dio né padrone!». Si era liquidato Dio. Ma siamo forse diventati più evoluti e pacificati? Non lo credo. Dopo anni in cui, perdonate l’espressione, si è “mangiato preti”, oggi viviamo una situazione critica, senza bussola, senza valori né principi.
Vede segni di rinnovamento in questo contesto piuttosto cupo?
Cardinale François Bustillo: Meno della metà dei francesi oggi si dichiarano cattolici (49%), e il 4% si dice praticante. Dio, per sua natura, non si impone. Come nel libro dell’Apocalisse, «egli sta alla porta e bussa». Bussa alla porta della nostra libertà. Constato tuttavia che c’è una ricerca, nel mondo politico, economico, dello sport e della cultura… Ci si pone sempre più domande su Dio. In apparenza, la realtà della Chiesa è fragile. Ma non siamo morti! Credo molto nella teologia del «piccolo resto d’Israele», la cui fedeltà è magnifica. Per questo non temo di essere minoritario, immerso in un ambiente più o meno ostile. La Chiesa è capace di offrire una parola che ripara i legami feriti.
Le nuove generazioni vogliono oggi un Dio e un padrone?
Cardinale François Bustillo: I giovani vogliono una guida. Hanno conosciuto il vuoto spirituale, ma non sono ostili alla Chiesa, perché sono ignoranti – lo dico senza alcun disprezzo. Hanno una sana curiosità di conoscere la religione, la sua tradizione. Perché le chiese? Perché i preti? Un sacerdote che celebra la Messa in una chiesa è diventato quasi qualcosa di esotico… Non si tratta di cantare vittoria, ma di sentire un appello alla responsabilità, sapendo che, al di là delle nostre strategie, è lo Spirito Santo che guida la Chiesa.
Di fronte a questa sete spirituale, quale può essere la risposta della Chiesa, dato che l’educazione è stata trascurata dal clero da decenni?
Cardinale François Bustillo: La società ci provoca, nel senso nobile del termine. La Chiesa deve offrire la sua visione dell’uomo, in particolare alle famiglie, perché l’educazione comincia in famiglia. L’obiettivo è trasmettere solidità e identità ai bambini, molti dei quali hanno bisogno di una formazione che dia loro una colonna vertebrale umana e spirituale. Altrimenti, navigheranno in acque torbide. La Chiesa deve rispondere offrendo, come Gesù, la via, la verità e la vita. Perché ciò che Gesù propone non è un’ideologia, ma un ideale. Sono pieno di speranza per questa bella gioventù, che possiede una libertà e una freschezza che ci sorprendono. All’aeroporto, un ragazzo di 19 anni, credente ma poco praticante, mi ha rivolto in disparte molte domande sulla morte e sull’aldilà, in venti minuti, in maniera molto diretta.
La formazione e l’educazione dei giovani devono dunque diventare la priorità dei sacerdoti?
Cardinale François Bustillo: Lo credo. Se sappiamo offrire loro il meglio di noi stessi, l’incontro può essere fecondo. Molti giovani cercano di comprendere la propria vita. Non desiderano necessariamente dei coach, con consigli tecnici ed esterni a loro, ma indicazioni per la loro felicità, per il loro essere, in maniera gratuita e orientata al loro bene. Lo scopo di un accompagnamento spirituale non è dominare o manipolare, ma orientare la persona verso la sua felicità e la sua libertà.
La riparazione è uno dei messaggi principali delle apparizioni del Sacro Cuore a Paray-le-Monial. Lei è stato il legato del Papa per la conclusione di questo Giubileo. La riparazione della società si radica in quel Sacro Cuore di Gesù che ha tanto amato gli uomini?
Cardinale François Bustillo: La riparazione, quella vera, comincia dall’interno: dal cuore. È il luogo dell’identità e dell’unicità dell’essere umano. Per riparare la società, bisogna anzitutto riparare il cuore dell’uomo. E Gesù è il modello, con il suo Cuore rimasto aperto che dona la vita. Per questo, dobbiamo avere cuori di carne e non di pietra, pieni di compassione, di misericordia, con atteggiamenti amabili, come il Cuore di Gesù.
È questa la ragione per cui ha di nuovo consacrato la Francia al Sacro Cuore in quell’occasione?
Cardinale François Bustillo: Abbiamo consacrato la Francia non perché vi sia un pericolo, come accadde in passato, ma perché desideriamo un beneficio spirituale e umano, per il bene del Paese e dei popoli.
La fine di quest’anno segnerà i cento anni dall’istituzione della festa di Cristo Re. È necessario che Cristo regni sulle intelligenze, sui cuori e sulle società, per riparare la società e ottenere la pace, come auspicava Papa Pio XI?
Cardinale François Bustillo: Il 1925 è anche l’anno della pubblicazione di Mein Kampf, il libro-programma di un’ideologia che voleva dominare senza Dio. Nulla di nuovo, dunque… Con quell’enciclica, Quas primas, la Chiesa e il Papa ricordavano che Cristo è il Re dei re, di fronte alle tentazioni messianiche spesso totalitarie. Ma la caratteristica del regno di Dio è l’amore che libera le coscienze e le intelligenze. San Gregorio di Nazianzo parlava di Dio come di «un Padre e un pilota». È molto bello. Nella nostra vita umana e cristiana abbiamo bisogno di un pilota, di un GPS interiore, per andare avanti e lasciare che Cristo prenda possesso, se così posso dire, della nostra vita, affinché siamo liberati.