Baltimora – Dal 10 al 13 novembre, i vescovi cattolici degli Stati Uniti si danno appuntamento a Baltimora per la consueta assemblea plenaria autunnale della USCCB, chiamata quest’anno a rinnovare la propria leadership e ad affrontare questioni centrali per la vita del Paese: immigrazione, sanità, sinodalità e bioetica.

L’apertura dei lavori è affidata al cardinale Christophe Pierre, nunzio apostolico a Washington, mentre l’arcivescovo Timothy Broglio, ordinario militare e presidente uscente, terrà il suo intervento conclusivo al termine del mandato.
Le sessioni riservate saranno dedicate all’attuazione del Sinodo sulla sinodalità e all’applicazione della Laudato si’, l’enciclica di Papa Francesco sull’ecologia integrale. Ma sarà il voto per i nuovi vertici e per le principali commissioni episcopali a tracciare la rotta della Chiesa americana per i prossimi anni.

Dieci candidati per la presidenza

L’USCCB ha reso noti i dieci candidati per la presidenza e la vicepresidenza, che andranno a sostituire Broglio e William Lori, arcivescovo di Baltimora. Tra i nomi in lista figurano, tra gli altri, mons. Robert Barron (Winona-Rochester), mons. Nelson Pérez (Filadelfia) e mons. Alexander Sample (Portland).

L’elezione avverrà a maggioranza assoluta. In caso di mancato raggiungimento del quorum, è prevista una seconda o terza votazione tra i candidati più votati. Il presidente sarà eletto per primo, seguito dal vicepresidente scelto tra i restanti nove.

Parallelamente, l’assemblea rinnoverà i vertici di sei commissioni episcopali:

Affari canonici e governo della Chiesa
Ecumenismo e relazioni interreligiose
Evangelizzazione e catechesi
Giustizia e pace internazionale
Protezione dei minori
Libertà religiosa

Le elezioni interne determineranno l’orientamento dei vescovi statunitensi, diviso tra quanti desiderano riaffermare con forza l’identità cattolica di fronte alla pressione ideologica e chi invece auspica un approccio più dialogico con la società.

Immigrazione e diritti umani

Durante le sessioni pubbliche dell’11 e 12 novembre, i vescovi torneranno a discutere la “situazione in evoluzione che colpisce migranti e rifugiati”.
Il tema, da anni al centro del dibattito ecclesiale, si intreccia con le tensioni politiche interne e con le scelte dell’amministrazione Trump.

Voci critiche si sono già levate da esponenti come i cardinali Blase Cupich (Chicago) e Robert McElroy (Washington D.C.), insieme ai vescovi Mark Seitz (El Paso) e Joseph Tyson (Yakima), che denunciano la durezza delle politiche di frontiera. Lo stesso Broglio, lo scorso giugno, aveva ricordato: “Come vostri pastori, il vostro timore risuona nei nostri cuori e facciamo nostro il vostro dolore”.

Più di recente, mons. Seitz, presidente del Comitato per la Migrazione, ha reagito alla riduzione delle ammissioni di rifugiati, affermando: “Non possiamo chiudere gli occhi di fronte al trattamento discriminatorio dei rifugiati”.

Sanità cattolica e nuove direttive etiche

Un altro punto delicato all’ordine del giorno riguarda la revisione delle “Ethical and Religious Directives for Catholic Health Care Services”, il documento che orienta l’attività delle strutture sanitarie cattoliche negli Stati Uniti. La nuova versione delle direttive etiche conferma che gli ospedali cattolici non potranno offrire trattamenti di transizione di genere, ritenuti incompatibili con l’antropologia cristiana. Allo stesso tempo, il testo incoraggia le istituzioni sanitarie a “impiegare tutte le risorse appropriate per alleviare la sofferenza di chi vive incongruenza o disforia di genere”, purché si utilizzino mezzi “in armonia con l’ordine fondamentale del corpo umano”. Nel caso in cui un paziente o il suo rappresentante richieda procedure contrarie all’insegnamento morale della Chiesa, il personale cattolico non potrà fornire indicazioni o riferimenti a professionisti disposti a eseguirle.

Una Chiesa al bivio

La riunione di Baltimora segna per l’episcopato statunitense un passaggio decisivo, non solo sul piano ecclesiale ma anche su quello culturale. Tra la fedeltà alla dottrina e l’esigenza di trovare un linguaggio capace di dialogare con una società frammentata, i vescovi sono chiamati a individuare un punto di equilibrio che eviti nuove polarizzazioni. In questo contesto, la proposta di consacrare gli Stati Uniti al Sacro Cuore di Gesù — prevista per il 12 giugno 2026, nel 250º anniversario dell’indipendenza — assume un valore fortemente simbolico: un invito a riscoprire una unità spirituale in un Paese attraversato da fratture politiche e morali sempre più profonde.

A Baltimora, la Chiesa americana riflette sul proprio ruolo e si domanda come continuare a farsi voce credibile in una nazione che oscilla tra il bisogno di ascolto e la tentazione della chiusura.

f.J.A.
Silere non possum