«Dobbiamo vigilare. Infatti la tradizione operosa che caratterizza le nostre comunità e l’inclinazione spontanea degli operatori pastorali sono esposte alla tentazione di diventare un protagonismo frenetico: soprattutto i preti, ma anche i diaconi, i consacrati e le consacrate e i laici che condividono la responsabilità pastorale sono tentati di identificare lo zelo con le prestazioni, l’onnipresenza e il controllo; la gente è tentata di identificare l’appartenenza alla comunità con la pretesa di essere servita e con l’ingenuità di vedere riprodotti calendari e abitudini che erano consueti in un altro tempo e in un’altra situazione ecclesiale. Ne viene spesso un senso di frustrazione e di insoddisfazione che avvolge di malumore la bellezza della vita delle nostre comunità, così generose, accoglienti, geniali nel fare il bene».
Lo scrive l'Arcivescovo Mario Enrico Delpini nella proposta pastorale dell'anno 2024-2025 (consultabile in fondo all'articolo) sottolineando che è doveroso «richiamare a riconoscere il primato della grazia e quindi l’irrinunciabile dimorare nella dimensione contemplativa della vita, nell’ascolto della Parola e nella centralità della Pasqua di Gesù che si celebra nell’Eucaristia».
Guardando all'Anno Santo il presule ricorda: «Mi sembra opportuno suggerire che l’anno del Giubileo offra l’occasione per una sosta di riflessione, di considerazione riconoscente del cammino compiuto, anche per esercitare la libertà possibile rispetto alle scadenze e agli adempimenti imposti dal calendario». Poi l'invito: «Nell’anno giubilare è opportuno che ci sia un tempo, per esempio il mese di gennaio, non tanto per ulteriori riunioni e discussioni, ma per sospendere, per quanto è possibile, le attività ordinarie e vivere un “tempo sabbatico”, dedicato non a fare qualche cosa, ma a raccogliersi in una preghiera più distesa, in conversazioni più gratuite, in serate familiari più tranquille».
Atti concreti, quelli proposti da Delpini, che guardano al rapporto con Dio. «La dimensione ecclesiale del peccato e della riconciliazione è troppo ignorata - osserva con amarezza l'Arcivescovo. La predicazione, le forme celebrative, la valorizzazione di momenti penitenziali comunitari possono essere di aiuto per quel sentirsi un cuore solo e un’anima sola che rende abituale pregare gli uni per gli altri, essere a servizio gli uni degli altri» e suggerisce: «Nella dimensione ecclesiale della riconciliazione è opportuno offrire cammini di discernimento per coloro che vivono percorsi personali e di coppia segnati da vicende complicate e dolorose, raccogliendo con attenzione le indicazioni di Amoris Laetitia»
L'invito rivolto ai sacerdoti, il quale ricalca quanto già emerso nella lettera sul sacramento della riconciliazione, «È quindi doveroso che i preti siano preparati e disponibili per questo ministero, sia nella vita ordinaria delle comunità sia in santuari e chiese particolarmente dedicate sia in luoghi e tempi che durante l’anno giubilare devono essere indicati. Potrebbe essere significativo che, alle porte della chiesa, insieme all’orario delle celebrazioni delle Messe, sia indicato anche l’orario in cui i sacerdoti sono disponibili per il sacramento della confessione. I sacerdoti non dimentichino che il ministero della riconciliazione è un aspetto significativo della loro paternità e un’espressione importante della fecondità del loro celibato».
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